Bletterbach e la cascate di ghiaccio nel canyon incantato dell’Alto Adige

Matteo Guardini, guida alpina del gruppo Mmove by Friends of Arco, presenta l’incantevole canyon Bletterbach nell’Alto Adige e le sue cascate di ghiaccio.

Il Bletterbach è un canyon naturale dell’Alto Adige situato nei pressi del paese di Aldino raggiungibile dall’uscita A22 Egna-Ora percorrendo la statale delle Dolomiti in direzione Cavalese: per il suo alto valore scientifico, dal 2009 è stato inserito dall’Unesco nella lista dei siti protetti come Patrimonio dell’umanità e da allora registra circa 60 mila visitatori all’anno. Il significato etimologico del nome è riconducibile al concetto dell’acqua che scorre: infatti questa gola, lunga 8 chilometri e profonda circa 400 metri, è una sorta di spaccatura naturale incisa nel suolo, molto interessante dal punto di vista geologico.

Per la sua facilità di accesso il Bletterbach è diventato un prezioso sito di studio ed osservazione scientifica mirata allo studio geologico delle Dolomiti: su iniziativa dell’Amministrazione comunale di Aldino è stata sistemata una rete di comodi sentieri e passerelle, un centro visitatori ed allestito un programma di visite guidate per famiglie ed escursionisti, per appassionati e studiosi di geologia richiamati dall’unicità del luogo. Questo sito infatti è paragonabile ad un vero e proprio libro aperto della natura che ci narra la storia della terra attraverso le modificazioni morfologiche succedutesi nell’arco di 40 milioni di anni nei quali questa lunga e spettacolare gola s’è formata e modellata ad azione degli agenti atmosferici. Facile quindi imbattersi in fossili e differenti tipi di rocce.

Tutto questo accade l’estate ed è osservabile partecipando alle visite guidate a cura degli specialisti; mentre in inverno, magicamente, questa lunga forra si trasforma in un vero e proprio parco giochi per gli amanti dell’arrampicata su ghiaccio che, armati (si fa per dire) di piccozze e ramponi percorrono in su e in giù i versanti del Bletterbach – d’inverno segnati dalle cascate e resi immobili dal gelo – alla ricerca di qualche bella linea da scalare.

Il piazzale del centro visitatori anche d’inverno è agibile e punto di riferimento: in pochi minuti scendendo lungo il bosco si arriva all’imbocco del canyon e utilizzando le passerelle tese a servizio dei percorsi attrezzati, si entra nella forra resa ancor più affascinante dal gelo che tutto ingloba e rende – grazie alle temperature particolarmente rigide – surreale come in un’opera d’arte della Natura.

Numerose colate di ghiaccio assumono spesso il color rosso essendo generate da acque a contatto con la terra e la roccia porfirica: il luogo è particolarmente adatto anche ai principianti che – sfruttando la rete sentieristica estiva – possono facilmente e in piena sicurezza sistemare/attrezzare corde dall’alto, scalando quindi “in moulinette”.

Le vie di ghiaccio più gettonate ovviamente si incontrano nei pressi dell’accesso al canyon: un primo muro sulla destra ed altre colate sulla sinistra, con una candela verticale che a seconda degli anni risulta generosa o esile, sono le prime invitanti colate che saltano all’occhio. Addentrandosi nel Bletterbach, poi, si trova un po’ di tutto dal facile all’impegnativo ma mai banale, facendo capire che spesso l’avventura si trova non nei luoghi più remoti, ma appena a due passi da casa.

Bletterbach, quindi, luogo magico dalla doppia valenza estiva invernale che vale assolutamente la pena visitare: facilmente accessibile ma di piena soddisfazione!

di Matteo Guardini
Mmove by Friends of Arcowww.mmove.net

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Adam Ondra a Smith Rock / VBlog #7

Il video di Adam Ondra e la sua prima visita a Smith Rock in Oregon, la culla dell’arrampicata sportiva negli USA.

Dopo lo Yosemite, Adam Ondra si è recato a Smith Rock in Oregon per mettersi alla prova con alcune vie che, grazie soprattutto a Alan Watts, hanno segnato la storia della moderna arrampicata sportiva statunitense. Ecco com’è andata.

Info:www.adamondra.com,Instagram Adam Ondra,www.lasportiva.com

Arrampicata a Cortina: apre la palestra Lino Lacedelli

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Sabato 2 giungo 2018 sarà inaugurata a Cortina d’Ampezzo la nuova palestra d’arrampicata indoor intitolato a Lino Lacedelli.

Sono anni che si parla di costruire una bella palestra d’arrampicata indoor a Cortina d’Ampezzo e adesso, sabato 2 giugno per la precisione, questo sogno diventa finalmente realtà. Alle 15:00 infatti c’è l’inaugurazione ufficiale della palestra che, non poteva essere altrimenti, prende il nome del grande cortinese Lino Lacedelli che nel 1954 raggiunse per la prima volta la vetta del K2, insieme ad Achille Compagnoni.

Situata a due passi dalla funivia Freccia nel Cielo, la nuova struttura d’arrampicata è stata progettata e realizzata dalla Sint Roc di Arco. Ospita circa 80 vie, dalle placche appoggiate all’ultra strapiombo con difficoltà che vanno dal 3a al 8c e con una altezza massima di 24 metri ed uno sviluppo di 30 metri. Oltre alle vie con la corda, la palestre dispone anche di una sala boulder ed una zona “apres-climb” con tanto di libreria e bar, ed una terrazza con splendida vista verso le crode delle valle d’Ampezzo che hanno fatto la storia dell’arrampicata in Dolomiti, come la Tofana, l’Antelau ed il Faloria.

L’accattivante edificio in vetro ed acciaio verrà gestito da Cortina360, un gruppo di professionisti della montagna composto da Natasha Alexander, Davide Alberti, Filippo Menardi, Lucia Montefiori, Pierfrancesco Smaltini, Bruno Sartorelli e Michele Titton. Perlopiù guide alpine oppure membri dello storico e celebre gruppo alpinistico Scoiattoli nato nel 1939. L’invito, aperto a tutti, è di celebrare questa nuova sala che indubbiamente mancava da tempo e che altrettanto indubbiamente diventerà il punto di riferimento per l’arrampicata e l’alpinismo attorno alla regina delle Dolomiti.

Inaugurazione Sabato 02/06/2018
15 – 19, ingresso gratuito, free bar con merenda per tutti

Nanga Parbat: il maltempo ostacola i soccorsi per Daniele Nardi e Tom Ballard

È iniziata da poco una missione di salvataggio per gli alpinisti Daniele Nardi e Tom Ballard, di cui non si hanno più notizie da domenica 24 febbraio mentre erano impegnati nel loro tentativo di salita invernale al Nanga Parbat. Gli elicotteri con tre alpinisti pakistani (tra cui Ali Sadpara) che erano partiti questa mattina da Skardu sono dovuti rientrare prima di raggiungere il campo base del Nanga Parbat per via del maltempo.

Aggiornamento ore 11:20
Nanga Parbat: arrivati al CB gli alpinisti per le ricerche di Daniele Nardi e Tom Ballard

Pubblicato ore 9:35 del 28/02/2019
Si è messa in moto la macchina dei soccorsi per aiutare gli alpinisti Daniele Nardi e Tom Ballard di cui non si hanno più notizie da domenica 24 febbraio quando i due alpinisti si trovavano a oltre 6000 metri sul Nanga Parbat. Nonostante lo spazio aereo in Pakistan sia ufficialmente chiuso a causa delle altissime tensioni tra India e il Pakistan, ieri l’ambasciatore italiano ad Islamabad, Stefano Pontecorvo, era riuscito ad ottenere l’autorizzazione ad effettuare un volo in elicottero per tentare almeno di individuare la posizione dei due alpinisti.

Poche ore fa da Skardu sono quindi partiti degli elicotteri con a bordo tre alpinisti pakistani, Ali Sadpara, Rahmat Ullah Baig e Karim Hayat per effettuare una prima ricognizione visiva della parete e, se necessario e sufficientemente sicuro, un intervento da terra. Stando però alle ultime informazioni pubblicate daAnna Piunova diwww.mountain.ru, per via del maltempo sono dovuti tornare indietro prima di raggiungere il campo base del Nanga Parbat.

Contemporaneamente, l’esercito pakistano aveva anche permesso di volare al K2 per recuperare gli alpinisti impegnati nel tentativo di realizzare la prima salita invernale del colosso del Karakorum, ed unire le forze con gli alpinisti pachistani. Anche qui però a causa del maltempo non èstato possibile volare al Campo Base. Inutile dire che queste sono ore difficili per tutti e che si spera in un cambiamento del meteo.

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Alexander Megos libera Perfecto Mundo 9b+ a Margalef

A Margalef in Spagna Alexander Megos ha liberato Perfecto Mundo, gradando la via d’arrampicata sportiva 9b+.

Alexander Megos ha liberato Perfecto Mundo, un vecchio progetto a Margalef per il quale il climber tedesco ha dato il grado di 9b+, suggerendo che si tratta di una delle vie d’arrampicata sportiva più difficili al mondo.

Spittata alcuni anni fa da Chris Sharma, la strapiombante linea di buchi ha catturato l’attenzione di tre fra i più forti climbers del momento, ovvero Stefano Ghisolfi, Sharma e Megos. Tutti e tre erano riusciti a fare dei buoni progressi proprio in questi giorni, ma è stato il 24enne oggi a raggiungere indenne per primo la catena.

Nel 2013 Megos aveva effettuato la prima a-vista mondiale di una via di 9a, su Estado Critico a Siurana e nel 2015 aveva salito il suo primo 9b, First Round, First Minute a Margalef. Nel 2016 aveva liberato il 9b di Fightclub in Canada, mentre con la salita di oggi ha elevato ulteriormente la sua arrampicata.

Soltanto due altri climber al mondo erano fino ad ora riusciti a salire vie di questo grado o superiore: Adam Ondra (Change a Flatanger nel 2012, Dura Dura a Oliana nel 2013, Vasil Vasil a Sloup nel 2013, Silence 9c a Flatanger nel 2017) e Chris Sharma (Dura Dura, Oliana, 2013).

I'm incredibly relieved. This has been an important process in my climbing career and clipping the anchor of "Perfecto Mundo", my first 9b+ as well as getting the FA was an incredible experience. Thank you to @chris_sharma for bolting this thing and the good sessions over the last couple of weeks and big thanks to my good friend @steghiso for belaying me on the send, for being a big source of motivation and a great inspiration to me. And last but not least thank you @ken_etzel for being up there every day with me and capturing all this. @patagonia_climb @patagoniaeurope @patagonia @redbullgermany @goretexeu @tenayaclimbing @sterlingrope @entreprisesclimbing @cafekraft_nuernberg @frictionlabs @fazabrushes @multicamper_adventure #stylefirst #carrotsforpower A post shared by Alexander Megos (@alexandermegos) on
May 9, 2018 at 11:30am PDT

Charles Albert a Fontainebleau libera il secondo 9A boulder mondiale

A Fontainebleau in Francia Charles Albert, arrampicando scalzo, ha liberato No Kapote Only, un boulder da lui considerato 9A. È soltanto il secondo blocco al mondo per il quale viene suggerito questo grado, dopo Burden of Dreams liberato nel 2016 da Nalle Hukkataival in Finlandia.

La rivista francese Grimper riporta la notizia bomba che il climber Charles Albert, famoso per i suoi blocchi di altissime difficoltà saliti perlopiù scalzo, ha liberato No Kapote Only, un boulder nel settore Rocher Brûlé a Fontainebleau per il quale il giovane bleausard ha suggerito il grado “inaudito” di 9A.

Attualmente non ci sono ulteriore notizie sulla libera, effettuata scalzo,ma si tratterebbe solo del secondo boulder al mondo gradato 9A, dopo la straordinaria prima libera di Burden of Dreams per mano di Nalle Hukkataival in Finlandia nell’ottobre del 2016, ancora in attesa di una ripetizione e quindi di conferma.

Come accennato, Albert ha catturato l’attenzione di tutti per il suo straordinario talento accoppiato al fatto che tutte le sue realizzazioni più difficili sono stati realizzate a piedi nudi, dunque senza scarpette d’arrampicata. Questo perché, come ci aveva raccontato in un’intervista del 2016, l’arrampicata diventa “più naturale, più istintiva”. Scalare scalzi richiede però un’enorme forza nelle dita dei piedi, ma regala anche una sensibilità sulla roccia che ovviamente non ha paragoni.

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Nel 2016 Albert aveva salito diversi blocchi di 8C scalzo a Fontainebleau, nel 2017 aveva alzato l’asticella salendo il primo boulder di 8C+ della foresta, La révolutionnaire. Adesso invece arriva la notizia di questo 9A. Una linea sotto gli occhi di tutti, nella indiscussa culla mondiale del boulder. Grandissimo.

Tentativo di Charles Albert, febbraio 2018

Premio Gambrinus Mazzotti: Manolo vince la sezione Alpinismo con Eravamo immortali

Maurizio Zanolla, alias Manolo, ha vinto la sezione Alpinismo del XXXVI Premio Gambrinus Mazzotti con la sua autobiografia Eravamo immortali. Gli altri vincitori del premio sono la fisarmonicista Francesca Gallo e il ricercatore Alessandro Tasinato, mentre il Honoris Causa va al cadorino Don Luigi Ciotti. La premiazione si terrà sabato 17 novembre al Parco Gambrinus di San Polo di Piave, Treviso.

Sono stati finalmente annunciati nel corso della conferenza stampa a Palazzo Giacomelli, sede di Assindustria Veneto Centro a Treviso, i vincitori della XXXVI edizione 2018 del Premio Gambrinus “Giuseppe Mazzotti” per la letteratura di montagna, alpinismo, esplorazione – viaggi, ecologia e paesaggio, artigianato di tradizione e Finestra sulle Venezie: sono l’alpinista Maurizio Zanolla (conosciuto come Manolo) con “Eravamo immortali” (Fabbri Edizioni, 2018) nella sezione “Alpinismo: imprese, vicende storiche, biografie e guide”, il ricercatore e divulgatore Alessandro Tasinato con “Il fiume sono io” (Bottega Errante Edizioni, 2018) in “Ecologia e paesaggio” e la musicista e artigiana Francesca Gallo con “Phisa Harmonikòs” (Kellermann Editore, 2018) in “Artigianato di tradizione”.

E’ stato assegnato anche il Premio speciale della Giuria all’opera “Agneléze Erèra Pizzòcco. Monti della destra Mis” a cura di Pietro Sommavilla e Paolo Bonetti (Fondazione Giovanni Angelini – Centro Studi sulla Montagna). E non manca in questa edizione nemmeno il Premio Honoris Causa, che verrà consegnato in occasione della cerimonia conclusiva di sabato 17 novembre al Parco Gambrinus di San Polo di Piave, Treviso, a Don Luigi Ciotti.

Quest’anno inoltre il Premio “Giuseppe Mazzotti” Juniores avrà una propria finale, slegata dal Premio Gambrinus: i ragazzi vincitori della sezione letteraria e della sezione video saranno protagonisti della cerimonia in programma sabato 27 ottobre alle 16.00 a Palazzo dei Trecento, a Treviso.

I vincitori del Premio Gambrinus. Le opere vincitrici sono state selezionate dalla Giuria, composta da scrittori, divulgatori, docenti universitari e alpinisti e presieduta quest’anno dalla giornalista Alessandra Viola, tra i 122 volumi inviati da 65 case editrici italiane, un numero notevole ma soprattutto di elevata qualità. Sono quattro i libri premiati, uno per sezione e uno destinatario del Premio Speciale della Giuria, ed emerge tra essi un legame inaspettato: tutti infatti, pur in modo molto diverso, trattano del legame uomo – paesaggio che diviene per entrambi valorizzante.

E’ il caso di “Eravamo immortali”, autobiografia di uno dei protagonisti assoluti di quella nuova arrampicata che ha visto la luce tra gli anni Settanta e Ottanta, Maurizio Zanolla, alias Manolo, vincitore nella sezione “Alpinismo”: grazie alla libertà gli regala, per Manolo la montagna diviene un mondo verticale da scoprire con responsabilità. Il libro è l’autobiografia dell’alpinista, la storia di un ragazzo che ama la vita, il mettersi alla prova, il sentirsi libero, un ragazzo d’altri tempi nato in anni in cui si possedeva poco o nulla e gli emigranti eravamo noi. Un ragazzo ribelle, anzi quasi selvaggio ma anche, e forse proprio per questo, dotato di una sensibilità non usuale.

Un analogo legame uomo – natura è esaltato in “Io sono il fiume” di Alessandro Tasinato, scelto per la sezione “Ecologia e paesaggio”, un’indagine narrativa che ha come cuore la Rabiosa (oggi Fratta – Gorzone), il fiume mortalmente inquinato dal distretto conciario di Chiampo Arzignano e poi interessato dal cantiere dell’Autostrada Valdastico Sud. Un romanzo che si addentra nel territorio, nel mondo del lavoro e in quello più intimo di Nino Franzin, il protagonista, che ha vissuto la giovinezza in simbiosi con la Rabiosa. Gli studi, la laurea, il miraggio di un’importante carriera lo costringono a dare le spalle all’acqua. Sarà la vita di un piccolo embrione a fargli incontrare di nuovo i destini di un fiume che non c’è più.

Il rispetto e la sintonia con gli alberi dai quali si ricavano preziosi strumenti musicali è un tema portante anche per Francesca Gallo, musicista e artigiana trevigiana costruttrice di fisarmoniche autrice di “Phisa Harmonikòs”, premiato nella sezione “Artigianato di tradizione”. Dentro ogni fisarmonica c’è storia, leggenda, vita quotidiana, incontri e passioni, manualità, antiche sapienze, complicità professionale: l’autrice avrebbe potuto anche non scrivere questo libro, continuando a fare il suo mestiere sino alla fine naturale come è stato per tante altre botteghe, ma la voglia di raccontare il lavoro è stata più forte (prefazione del giornalista Paolo Rumiz).

Infine, il Premio Speciale della Giuria è stato assegnato nell’ambito nella sezione “Alpinismo” all’opera “Agneléze Erèra Pizzòcco. Monti della destra Mis” a cura di Pietro Sommavilla e Paolo Bonetti: il gruppo dei Monti della destra Mis (Agneléze, Erèra e Pizzòcco) rappresenta uno scrigno di naturalità e insieme un territorio ampiamente percorso dall’uomo nel passato e quindi ricco di sentieri e di toponimi, purtroppo oggi poco conosciuto e frequentato. La guida descrive dettagliatamente, anche con cartine inedite disegnate a mano, la rete dei sentieri, intensamente battuti da cacciatori, pastori, boscaioli, soldati, così da farli rivivere, e recupera i toponimi ed oronimi dell’area che altrimenti sarebbero andati perduti. A ciascun vincitore sarà assegnato il premio di euro 2.000,00.

Sono tre i libri segnalati: nella sezione “Alpinsmo” il volume “L’ascensione del Monte Bianco” di Ludovic Escande (Giulio Einaudi Editore), nella sezione “Ecologia e Paesaggio” “Alberi sapienti, antiche foreste. Come guardare, ascoltare e aver cura del bosco” di Daniele Zovi (Edizioni Utet) e nella sezione “Artigianato di tradizione” “La bellussera. Storia di un’invenzione che innovò la viticoltura” di Diego Tomasi, Gianni Moriani, Attilio Scienza (Antiga Edizioni).

Premio Honoris Causa. “Sono felice di dedicare la mia vita a saldare laterracon il cielo”: sono parole di Don Luigi Ciotti, prete combattente in prima linea contro tutte le mafie, fondatore del “Gruppo Abele” e ideatore di “Libera”, destinatario quest’anno del Premio Honoris Causa per il suo impegno verso l’ambiente. L’ambiente, la terra, per Don Ciotti è alla base di ogni cosa e non va sottovalutato in ogni attività degli uomini: il linguaggio dell’ambiente è il linguaggio della cultura e della vita, riflettere sempre sui diversi aspetti del degrado ambientale significa capire le ragioni culturali e politiche che mettono a rischio la sopravvivenza del nostro pianeta.

Premio “Giuseppe Mazzotti” Juniores. Il concorso cadetto sostenuto da Montura – Tasci s.r.l. e dedicato agli studenti degli istituti superiori di Triveneto, Slovenia e Croazia, in questa XI edizione ha invitato i ragazzi a sviluppare il tema “La scoperta del paesaggio” con un elaborato scritto o con un video. Nella Sezione Letteraria sono risultati vincitori Alexia Cautis della classe III B Classico del Liceo Ginnasio Statale “Antonio Canova” di Treviso con “Topografie dell’anima” (primo classificato), Davide Zago della classe V A dell’Istituto Scarpa di San Donà di Piave, Venezia, con “Le ceneri di Ulisse” (secondo classificato) e Chiara Meneghetti della classe V B del Liceo Artistico di Vittorio Veneto, Treviso, con “La notte” (terzo classificato). Nella Sezione Video salgono invece sul podio la classe III BLS del Liceo Scientifico Scienze Applicate dell’Istituto di Istruzione Superiore “Gabriele D’Annunzio” di Gorizia con “Il Paesaggio di una vita” (primo premio), la classe IV A del Liceo Scientifico Dante International College di Vittorio Veneto, Treviso, con “Sì deambulare” (secondo premio) e Neeraj Kumar della classe II E del Liceo Artistico di Treviso con Loris Corbo della classe IV BEA dell’Istituto Tecnico Industriale Statale “Max Planck” di Lancenigo di Villorba, Treviso, con “La natura del paesaggio” (terzo premio).

Premiazioni. Quest’anno il Premio “Giuseppe Mazzotti” Juniores avrà una propria esclusiva cerimonia di premiazione, che si svolgerà sabato 27 ottobre alle 16.00 al Palazzo dei Trecento a Treviso. Sabato 10 novembre alle 9.30, invece, nella Sala Teatrale dell’Oratorio “Don Bosco” di San Polo di Piave, si terrà inoltre la cerimonia delle premiazioni con l’assegnazione del “Premio Letterario Giuseppe Mazzotti Ragazzi” che, giunto alla sua VIII edizione, coinvolge gli studenti delle classi terze delle scuole secondarie di primo grado degli Istituti Comprensivi Statali del Comprensorio Opitergino – Mottense e in parte del Coneglianese.

Come da tradizione, invece, l’appuntamento finale con il Premio Gambrinus “Giuseppe Mazzotti” sarà sabato 17 novembre alle 16.30 al Parco Gambrinus di San Polo di Piave (Treviso): in tale occasione la Giuria dei quaranta lettori, composta da personalità provenienti da vari ambiti della cultura, con votazione e spoglio in diretta assegnerà il Super Premio “La Voce dei Lettori” di 3.000,00 Euro ad uno dei tre vincitori delle altrettante sezioni di gara.

La cerimonia di premiazione sarà anticipata venerdì 9 novembre da una serata al Parco Gambrinus di San Polo di Piave (Sala Veranda) promossa in collaborazione con Confartigianato del Veneto in omaggio al regista Ermanno Olmi, del quale sarà proiettato il film “Artigiani veneti”: interverranno il presidente del Premio Roberto De Martin, il presidente di Confartigianato Veneto Agostino Bonomo, il sociologo Ulderico Bernardi e l’architetto e storico dell’arte Amerigo Restucci, moderati dal giornalista Salvatore Giannella.

Il Premio è promosso dall’Associazione “Premio Letterario Giuseppe Mazzotti” e ne è main sponsor Intesa Sanpaolo, è patrocinato e sostenuto da Touring Club Italiano, Club Alpino Italiano, Regione del Veneto, Reteventi Provincia di Treviso, Comune di San Polo di Piave, Montura – Tasci s.r.l., Confartigianato del Veneto, Camera di Commercio Treviso-Belluno, Parco Gambrinus, Valcucine – Driade S.p.A. – FontanaArte S.p.A – Toscoquattro S.r.l, Stiga S.p.A., Consorzio Tutela Prosecco Doc – Consorzio Vini Venezia, Fondazione “Americo e Vittoria Giol”, Dieffebi S.p.A., Azienda Agricola Antonio Facchin, Eclisse S.r.l., Latteria Soligo, Acqua Pejo S.r.l., Greenova Italia S.r.l., Assindustria Veneto Centro, Confraternita del Raboso, Magis S.p.A., Umana S.p.A., Fondazione Mazzotti, Fondazione Giovanni Angelini, Associazione Bioforest.

Per informazioni: www.premiomazzotti.it

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ConTatto Verticale 2019, a Torino una giornata di arrampicata con i non vedenti

L’invito di Pietro Dal Prà e Carla Galletti per diffondere, far conoscere e rendere accessibile l’arrampicata a chi non vede: il 10 febbraio presso la palestra Pala Braccini di Torino si terrà ConTatto Verticale, una giornata di formazione per persone che vogliano apprendere il metodo di arrampicata con i non vedenti.

Si rinnova anche quest’anno ConTatto Verticale, l’iniziativa volta a diffondere, far conoscere e rendere accessibile l’arrampicata a chi non vede. La tappa 2019 si terrà a Torino, al Pala Braccini ed avrà come scopo l’insegnamento a tecnici del settore (istruttori di arrampicata e guide alpine) di un metodo di guida all’arrampicata per persone non vedenti e ipovedenti.

L’iniziativa, giunta tre anni fa, si sposta ogni anno in una città italiana nuova, con l’intenzione di formare (ed appassionare) tutti coloro che siano incuriositi dall’affascinante dimensione della scalata per chi non vede.

Ricordiamo che arrampicare con persone con questo tipo di disabilità è una dimensione non solo interessante dal punto di vista sportivo, ma anche profonda sotto il profilo umano. La scalata, attività tanto individuale per un normodotato, diventa uno sport di coppia se praticato con un non vedente.

Nel corso di anni di esperienza abbiamo messo a punto un metodo efficace che lega guida e scalatore non vendente in modo semplice ed efficace, legandoli in una profonda intimità sportiva ed umana.

Se per un non vedente arrampicare è una grande occasione di praticare uno sport e quindi di migliorare la qualità della sua vita, per la sua guida è un’interessante occasione di crescita umana.

Nella giornata di domenica 10 febbraio cercheremo di trasmettervi il nostro metodo di arrampicata con ciechi, prima con un paio d’ore di teoria, e poi nella pratica, guidando qualche nostro amico non vedente.

Con entusiasmo quindi invitiamo a non perdere questa bella occasione, nella speranza che da un pomeriggio così possano nascere buone storie sportive ed umane.
Pietro Dal PraeCarla Galletti

Per info e adesioni scrivere a contatto10feb@gmail.com

PROGRAMMA:
ore 12.30: ritrovo al Pala Braccini di Torino, sala didattica.
I parte (1,30 ORA) – arrampicata non vedenti: metodologia di insegnamento e di guida
II PARTE (4,30 ORE) – dimostrazione di guida/arrampicata con atleti non vedenti; pratica di arrampicata “cieca” e di guida, sia reciproca che con persone non vedenti, durante la quale i partecipanti si cimenteranno in entrambe le situazioni

Per saperne di più:

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Valle del Sarca, nuova via Born to be Wild sul Primo Pilastro del Monte Casale

Sul Primo Pilastro del Monte Casale in Valle del Sarca, Stefano Michelazzi e Marco Ghidini hanno aperto Born to be Wild, una nuova via d’arrampicata di 12 tiri dedicata all’alpinista esplorativo Ugo Mariani. Il racconto di Michelazzi

25 aprile di due anni fa. Oggi sono “in pompa” come si dice in gergo, scalpito alla vista della parete che ci sovrasta e mi esalto nel vedere quello che abbiamo salito fin’ora. La giornata è bella lunga, siamo a primavera piena e le ore di luce son tante. “Dai Marco che facciamo un sacco di tiri!”

Appeso alla sosta precedente, poco dopo, il mio compagno di cordata mi chiama con una voce non proprio “gasata”… non è un buon segno penso.
“Stefano, che ne dici di scendere?” Lo guardo perplesso. “Ma scherzi sono appena le undici del mattino e farà buio alle 19.00 abbiamo un sacco di tempo” “Mi sa che ho l’influenza… mi sento addosso un febbrone… sto proprio male!” Decisione rapida, si scende.

La temperatura è mite, c’è il sole, si sta bene ma il termometro che misura la febbre di Marco se ne importa poco di tutto questo e segna un “bel”… 42°! Scendere ovviamente fu d’obbligo.

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La professione di Guida alpina mi lascia ben poco tempo nei periodi buoni e quindi devo trovare i miei spazi dopo, quando le stagioni cambiano, il tempo balla la salsa cubana e progettare a lungo termine risulta spesso difficile.

Marco ha cambiato lavoro ed il suo tempo libero ora è molto meno calibrato ed i turni non facilmente scambiabili, perciò… passa un anno. Primavera scorsa la pioggia la fa da padrona e nei lassi di tempo in cui saremmo stati liberi entrambi, acqua! Che sfiga!

Passa l’estate e… che caldo becco quest’estate 2018. Salire lì, anche se qualche giornata riusciremmo a ritagliarla sarebbe da suicidio, poi acqua ancora, insistente. Finalmente a fine novembre riusciamo a beccare una finestra di bel tempo e si parte, organizzati per bivaccare in parete. Due giorni intensi con le ore di luce limitate, arrampichiamo finché fa buio ma non ci vuole molto, alle 16.30 già non vedi quasi più nulla. La notte passa senza scossoni, un bivacco non troppo comodo rannicchiati sul ciglio del salto ma che ci lascia anche dormire qualche ora.

A guardare da sotto dopo “la rossa”, il paretone strapiombante dei primi tiri, la parete sembra più semplice. Col piffero! Anche il resto ci darà filo da torcere ed alla fine dei due giorni, abbiamo salito i primi 9 tiri. Con più ore di luce la chance di uscire sarebbe stata tangibile ma così è!

Passa ancora qualche settimana, tra maltempo e niente tempo e siamo di nuovo qui. Stavolta visto che la fine della parete è vicina ci caliamo direttamente all’ultima sosta. 60 metri nel vuoto ci danno la possibilità di continuare senza dover risalire ancora la parte già scalata, altrimenti con le poche ore di luce sarebbe assurdo tentare.

Altri tre tiri che di banale hanno nemmeno l’apparenza, ci portano all’anticima, un po’ più bassi (una trentina di metri) di ciò che avevamo preventivato ma è fatta! Le ultime luci del giorno ci lasciano appena il tempo di far su le corde e raggiungere la comoda strada forestale poi quasi al buio scendiamo a valle, pesanti sulla schiena con gli zaini carichi di materiali ma leggeri nell’anima per aver terminato ancora un’altra salita!

Ugo Mariani è stato un bell’alpinista, uno che sapeva individuare le linee di salita delle pareti. Ha lasciato diverse testimonianze del suo passaggio, oltre che sulle pareti alpine anche lungo la Valsabbia, su pareti un po’ nascoste magari. Dove non immagini ci possa essere passato qualcuno, quasi di certo, ci si trova qualche chiodo di Ugo che aveva già esplorato il posto chissà quanto tempo prima e tantissimi muri che oggi sono i classici dell’arrampicata sportiva in valle, furono scoperti ed attrezzati da lui.

Un riconoscimento alla sua figura, vista la stima e l’amicizia reciproche, mi è sembrato doveroso e anche Marco non ha avuto dubbi, nel dedicare a lui la nostra salita.

di Stefano Michelazzi

Link: www.stefanomichelazzi.eu

SCHEDA: Born to be Wild, Primo Pilastro del Monte Casale, Valle del Sarca

Bischofsmütze parete nord, nuova via di misto per Vittorio Messini, Matthias Wurzer e Hans Zlöbl

Alpinismo nel Tirolo Orientale: gli alpinisti austriaci Vittorio Messini, Matthias Wurzer e Hans Zlöbl hanno aperto Kitchen Window, una “severa via di misto” sulla parete nord del Bischofsmütze in Austria.

Il Bischofsmütze è la prima cima dei cosiddetti Spitzkofeltürme che formano una della più suggestive “Skyline” del Tirolo Orientale. La montagna offre un’importante, a volte fragile, arrampicata in cresta.

La parete nord della Bischofsmütze domina il bacino di Lienz e il piccolo paese Leisach. A causa della primavera segnata da pioggia e neve, nelle Dolomiti di Lienz si sono formate numerose linee di ghiaccio, tra cui una lingua molto evidente sulla parete nord.

Hans Zlöbl, Matthias Wurzer e Vittorio Messini hanno osservato le condizioni in maniera indipendentemente, come d’altronde molti altri alpinisti nel Tirolo Orientale, ed è stato per caso che il giorno prima della salita, a causa del prolungato ed atipico periodo di freddo a fine stagione, hanno parlato della stessa linea.

Il giorno successivo sono partiti decisi. Dopo la corsa con gli e-bike ed infine la ripida camminata nel selvaggio calderone dello Spatenbach, è iniziata la salita. All’inizio per piccole goulotte e camini, poi attraverso un lungo ed esposto traverso a metà parete. Qui si sono posti la domanda, se la neve reggesse e se era possibile proteggersi adeguatamente. Ma tutto è filato liscio e, anche se con alcuni runout, sono riusciti a seguire la linea naturale verso destra.

Questa parte della via è probabilmente in comune con la “Direkte Nordwand” – una via di roccia aperta nel 1940. Attraverso una rampa hanno infine raggiunto l’antecima del Bischofsmütze, e aggirata la torre a sud sono finalmente saliti in cima attraverso la cresta est.

È stata poi allestita una discesa in corda doppia nella gola tra Grauer Turm e Bischofsmütze. Dopo tre calate sono ritornati vicino alla base della via.

Probabilmente in uno degli ultimi giorni freddi di questa stagione invernale i tre alpinisti sono riusciti a vivere una piccola avventura, proprio sopra la città…

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