Nant Blanc dell’Aiguille Verte sciata da Paul Bonhomme e Vivian Bruchez

Il 19 giugno 2018 gli alpinisti francesi Paul Bonhomme e Vivian Bruchez hanno effettuato una delle poche discese con gli sci della mitica parete nordovest dell’ Aiguille Verte, chiamata anche Nant Blanc, nel massiccio del Monte Bianco.

Nant Blanc, la famosa parete nordovest dell’ Aiguille Verte nel massiccio del Monte Bianco, è stata sciata il 19 giugno dagli alpinisti francesi Paul Bonhomme e Vivian Bruchez lungo una linea di 1100 metri che taglia la parete in diagonale dall’alto a sinistra al basso a destra. Si tratta di 55° gradi di pendenza, superati con l’aiuto di 3 calate nella parte inferiore.

Seguendo le orme di Jean-Marc Boivin che aveva sciato per primo la parete nel giugno del 1989, e sulle orme dell’allora ventenne Marco Siffredi che dieci anni più tardi aveva effettuato la prima ripetizione e contemporaneamente la prima discesa in snowboard, martedì scorso Bonhomme e Bruchez hanno sciato quello che viene ampiamente riconosciuta come una della discese leggendarie nell’intero massiccio del Monte Bianco.

I due hanno usato una corda sul tratto del traverso individuato da Pierre Tardivel e Stéphane Brosse nel giugno 2009, poi hanno lasciato la linea di discesa per continuare in diagonale ed unirsi alla straordinaria via alpinistica aperta da Armand Charlet e Camille Devouassoux il 3 luglio 1928.

Bonhomme e Bruchez hanno raggiunto la parete, ben visibile da Chamonix, salendo prima la parete nord. Come riportato in precedenza, questa discesa faceva parte del progetto “Aiguille Verte 4 pareti nord in giornata” di Bonhomme, ma a fine maggio le condizioni si erano rivelate proibitive.

19 Juin 2018 Nouvelle descente à ski partagée avec @paul_yourm dans ce mythe de la pente raide, le Nant-Blanc. 29 ans après la première descente à ski de Jean-Marc Boivin, 19 ans après Marco Siffredi, 9 ans après Pierre Tardivel et Stephane Brosse qui avaient ouvert une nouvelle perspective pour les skieurs. Cette fois-ci on amène une nouvelle lecture de la face en réalisant cet itinéraire, une immense diagonale qui raye la montagne par ses lignes de faiblesses 1100 m de long, 50 à 55 degrés. Dans la partie inférieure elle empreinte la voie originale d’alpinisme ouverte par Armand Charlet et Camille Devouassoux le 3 juillet 1928. Quoi de plus symbolique que de rendre hommage aux pionniers de l’alpinisme et du ski en glissant dans leurs traces. Pas d’utilisation de rappel dans la partie haute, on a fait en intégral skis aux pieds, on a installé une main courante dans la rampe Tardivel / Brosse à son entrée et à sa sortie. La partie inférieure est moins raide et amène naturellement à une vire qui débouche dans le couloir Nord des Drus. 3 rappels ont été nécessaire pour terminer cette aventure. Se confronter à cette immensité est parfois déroutant, c’est un mélange de liberté et d’engagement. Merci à mon compagnon de cordée @paul_yourm qui a été extraordinaire à la montée comme à la descente. Même si en pente raide tu fais du solo, un partage s’instaure naturellement et avec humilité chacun amène son expérience. Elle restera pour moi synonyme d’un moment suspendu dans le ciel, un moment de pause que la montagne a su nous offrir en nous laissant passer. Photo de la ligne @bentibbettsphotography Aerial : @ubacmedia Merci @dynastarskis / @mountainhardwear / @julbo_eyewear / @scarpafrance / @petzl_official / @plum_officiel

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Ça c'est le Nant Blanc…THAT is the Nant Blanc … avec @vivianbruchez

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Greenspit, Fred Moix sale The Warrior’s Roof in Valle dell’Orco

Il corto The Warrior’s Roof di Christophe Margot che documenta la prima salita di Greenspit in Valle dell’Orco da parte dello svizzero Didier Berthod e la ripetizione di Fred Moix nel 2016.

Per certi versi Greenspit assomiglia un pò a Separate Reality in Yosemite. Un tetto orizzontale di granito solcato da una straordinaria fessura ed una foto che da subito entra nell’immaginario dei climber. Mentre per Separate Reality stiamo parlando della celebre immagine che immortala Ray Jardine nel 1977 durante la seconda salita del capolavoro di Ron Kauk, per Greenspit stiamo invece parlando della foto che fece il giro di tutte le riviste nel 2003 dopo la prima salita in libera di questi 12 metri sopra Rosone nella Valle dell’Orco da parte di Didier Berthod.

All’epoca si trattava di una delle fessure trad più difficili al mondo, e a fare sicura a Berthod, e poi a fotografarlo c’era Fred Moix, che lo scorso 7 ottobre 2016 (13 anni dopo la prima salita) ha salito anche lui la leggendaria via.

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Poolder Contest 2017, special arrampicata boulder a Ortisei

Il 12 agosto 2017 a Ortisei in Val Gardena andrà in scena il Poolder Contest 2017, una spettacolare gara di arrampicata boulder nella piscina Mar Dolomit. Tutti possono partecipare all’evento organizzato dal Gruppo Alpinisti Gardenesi per confrontarsi in finale con i miglior boulderisti italiani.

Nell’estate del 2014 e 2015 nella piscina Mar Dolomit di Ortisei si è tenuta una gara d’arrampicata in una modalità del tutto nuova. La parete è stata installata sopra l’acqua: il bouldering ha ricevuto una nuova dimensione, era più diretto, avvincente e spettacolare. Gli atleti davano del proprio meglio, il pubblico era entusiasta.

Dopo un anno di pausa l’associazione conosciuta GAG si è assunta l’incarico di organizzare l’evento quest’estate. GAG abbrevia Gruppo Alpinisti Gardenesi e riunisce giovani arrampicatori che non solo apprezzano la solitudine in montagna, ma anche la competizione e la vita di società.

Il 12. Agosto Ortisei ospiterà una manifestazione coinvolgente. 4 donne e 4 uomini, atleti di massimo livello, saranno invitati da noi. Alcuni dei miglior boulderisti italiani, tra l’altro Claudia Ghisolfi, Giulia Medici, Andrea Ebner, Michael Piccolruaz, Filip Schenk e il vincitore della coppa del mondo a Chamonix Marcello Bombardi hanno già confermato la loro presenza.

Inoltre tutti gli appassionati della scalata possono partecipare alla qualificazione durante il pomeriggio, i 2 migliori della categoria femminile e maschile potranno poi misurarsi in un finale con gli atleti invitati.

Un pubblico numeroso e appassionatissimo, musica avvincente di un DJ e un show di luci sfideranno gli atleti a dare il massimo. Ovviamente non mancherà il ristoro da parte del GAG che provvederà pure all’organizzazione di ogni piccolo dettaglio. Dopo le premiazioni e la consegna dei premi di vincita che ammontano a € 2.000, il gruppo Madax suonerà dal vivo, concludendo la serata in una bell’atmosfera.

Il gruppo GAG rivolge un particolare ringraziamento agli partner Val Gardena Marketing, Raiffeisen, Mammut e Elikos e ai numerosi sponsor.

Evento su Facebook con ulteriori informazioni: www.facebook.com/events/378403409221086/

Yuji Hirayama, James Pearson, Cedar Wright e l’arrampicata alle Isole Faroe

Il video di James Pearson, Cedar Wright, e Yuji Hirayama e l’arrampicata sulla scogliera Cape Enniberg alle Isole Faroe.

L’estate scorsa Yuji Hirayama, James Pearson e Cedar Wright si sono recati alle Isole Faroe per salire Cape Enniberg, una straordinaria scogliera alta circa 800 metri situata al punto più a nord dell’isola. Però ancora prima di affrontare le piogge continue, la colonia di pulcinelle di mare e la roccia piuttosto marcia, i tre hanno dovuto – a sorpresa – ottenere il permesso del proprietario del terreno.

Dopo aver salito delle nuove vie sulla strapiombante scogliera di Trælanipa insieme a Caroline Ciavaldini, i tre sono riusciti ad organizzare un incontro con i membri più importanti del villaggio ed avere il via libera per tentare Cape Enniberg. “Alla fine dell’incontro erano tutti così contenti ed entusiasti del progetto che si sono persino offerti di accompagnarci a destinazione con le loro barche” spiega James Pearson, che della salita racconta “Abbiamo incontrato molta roccia friabile, uccelli che ci vomitavano addosso e pendii di erba, ma anche tiri di roccia eccellente. Iniziando alle 10 di sera, abbiamo salito per tutta la notte e siamo stati sorpresi dalle piogge sui pendii finali. Un gioco molto britannico, no?”

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Jakob Schubert devastante sui boulder di Rocklands

Durante il suo primo viaggio arrampicata a Rocklands in Sudafrica, il climber austriaco Jakob Schubert ha salito 20 boulder gradati 8B o superiore.

Prima volta a Rocklands per la climbing machine austriaca Jakob Schubert e il risultato, non poteva essere altrimenti, è devastante. Leggasi 55 boulder più difficili di 8A, di cui 20 8B o superiore, in soli 17 giorni d’arrampicata.

Il 26enne ha spiegato "siccome era la mia prima volta volevo esplorare bene l’area e salire più quanti più boulder possibile. Non volevo sprecare tempo provando soltanto un boulder estremo e quindi riuscivo a chiudere più boulder in giornata. Mi sentivo in grande forma e sono fiero di quello che sono riuscito a fare."

8B+: Amandla, Shaky Warrior, Speed of Sound, Trust Issues
8B: Airstar, Antidote, Cat Range, Derailed, El corazon, Gogoan, Golden shadow, King of Limbs, Nightshow, Madiba, Master Key, Mooiste meisie, Sky, The Guest List,The power of one,The quintessential,The vice,Vice Präsident

Per la lista completa delle salite di Jakob Schubert visitate www.thecrag.com

Info: Facebook Jakob Schubert, www.lasportiva.com, www.mammut.ch

Having the best time in Rocklands!! This place is just incredible, so many awesome lines, perfect rock, amazing movements, great weather, nice people and stunning views ✨ Since it's my first time here I'm very busy sending as many classics as I can I've been doing really well, feeling very strong and adapting well to the style. Yesterday we did a super fun dyno tour where 'Black Velvet' [8a] can't be missing by @pumkin_honey My favorite boulder so far is 'Airstar' [8b], definitely one of the best boulders on the planet for me! Opened by @kilifish • Thanks to the crew for the best vibes @pumkin_honey @alfons_dornauer @michael.piccolruaz @alexkhazanov and the sensei himself @gabrimoroni • #rocklands #dyno #thisplacerocks #bouldering #iloveit #rockclimbing

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Obiettivo Biographie per Laura Rogora e Margo Hayes a Céüse in Francia

La climber romana Laura Rogora ha salito la prima sezione di Biographie, gradata 8c+. Il prolungamento, liberato da Chris Sharma nel 2001, è considerato il 9a+ di riferimento mondiale ed era stato tentato a giugno dalla statunitense Margo Hayes.

Segnaliamo l’interessante work in progress a Céüse in Francia dove la 16enne Laura Rogora sta attualmente provando una delle vie sportive più famose del mondo, Biographie. Si tratta ovviamente della straordinaria linea di resistenza che segue la colata blu nell’omonimo settore, intuita dall’asso francese Jean-Cristophe Lafaille all’inizio degli anni ’90 e liberata dallo statunitense Chris Sharma nel 2001. Cinque anni prima della rotpunkt di Sharma il francese Arnaud Petit era riuscito a salire fino a metà parete, gradando questa sezione 8c+ e capendo che, almeno per il 1996, i restanti 20 metri molto intensi, con un 7C boulder finale, avrebbero dovuto aspettare una generazione nuova.

Negli anni che sono seguiti Biographie è diventata un banco di prova importantissimo, ripetuta da tutti i più forti al mondo ma, finora, mai da una donna. Quest’estate ciò potrebbe finalmente cambiare grazie non a una ma ben due donne che ci credono: Margo Hayes e Laura Rogora.

Entrambe hanno i numeri giusti per una realizzazione del genere. La Hayes, forte del successo del primo 9a+ femminile su La Rambla a Siurana, l’aveva provata con dei buoni risultati già a giugno, mentre proprio in questi giorni Laura Rogora, forte dei suoi 9a in Spagna e a Sperlonga, ha deciso di metterci le mani anche lei. Dopo solo 4 giorni la 16enne è riuscita a salire la prima parte di 8c+, quindi l’inizio è più che promettente. Adesso però l’aspetta quel viaggio infinito e difficilissimo verso la cima della parete. Staremo a vedere. Intanto in bocca al lupo ad entrambe!

SCHEDA: la falesia Céüse

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Today i sent the first 8c+ part of the legendary "biographie"!! Only few moves left for the 9a+ but still a lot of work to do. @iaia266's video of the first time i sticked the bouldery start of the route #wildclimb #camp1889 #montura @climbskinspain @agripp_climbingholds #climbing #klettern #grimper #loveclimbig #climbing_videos_of_instagram

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Nuova frana su El Capitan. Le foto

Dopo la prima frana di mercoledì 27/09/2017, ieri giovedì 28 settembre si è staccata una seconda frana da El Capitan nella Yosemite Valley (USA).

Continuano i crolli di assestamento su El Capitan. Dopo la prima frana di mercoledì – per l’esattezza i geologi parlano di sette diversi distacchi – ieri (giovedì 29 settembre) dalla parete sudest si è staccata una nuova frana nei pressi della Horsetail Fall, questa volta ancora più consistente. Il nuovo crollo ha causato il ferimento di una persona.

I park rangers stimano il volume della frana circa 450 metri cubi, equivalenti a 1.300 tonnellate di granito che sono piombate a valle da un’altezza di circa 200 metri. Nel frattempo i Rangers hanno anche reso noto il nome della vittima di mercoledì, il 32enne climber gallese Andrew Foster. Sua moglie rimasta ferita dalla stessa frana è attualmente ricoverata in ospedale.

Il Parco Nazionale di Yosemite ha commentato così l’accaduto sulla sua pagina ufficiale su Facebook: "Un’altra frana, ancora più grande, si è staccata oggi da El Capitan alle 15:21. Una persona è stata ferita. I detriti della frana odierna hanno raggiunto la strada. La Northside Drive è chiusa dal Camp 4 a El Capitan Crossover, con una deviazione disponibile su Southside Drive, dove ora è possibile transitare in entrambe le direzione. Si prega di guidare con cautela. Le frane sono un fenomeno comune nella Yosemite Valley e il parco ne registra circa 80 all’anno, anche se molte altre frane non vengono segnalate. La frana di El Capitan era simile in dimensioni rispetto ad altre frane in tutto il parco, anche se non è usuale che ci siano vittime."

Stando sempre alle fonti del National Park Service, l’ultima vittima di una frana nello Yosemite risale al 1999.

Broke loose again, we just topped out. Ground shaking, rockfall crossed road

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Addio a Hayden Kennedy e Inge Perkins, una tragedia indicibile per l’alpinismo

Hanno perso la vita il 27enne Hayden Kennedy e la sua fidanzata Inge Perkins. Hayden Kennedy è uno dei più forti giovani alpinisti della sua generazione.

Hanno perso la vita il 27enne alpinista statunitense Hayden Kennedy e la sua fidanzata, la fortissima climber 23enne Inge Perkins. I due stavano sciando sabato scorso a Imp Peak in Montana, USA, quando Perkins è stata travolta e ha perso la vita sotto una valanga. Tragedia dopo tragedia: Kennedy, sconvolto, si è tolto la vita il giorno dopo. Naturalmente non ci sono parole per commentare una tragedia così grande, resta solo il pianto e lo sgomento per quanto accaduto.

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Figlio d’arte – il padre Michael Kennedy è un fortissimo alpinista che per lunghi anni ha diretto le riviste Climbing magazine e Alpinist – il giovane Kennedy era considerato uno dei più forti giovani alpinisti della sua generazione. Molti associano il nome di Hayden Kennedy alla schiodatura della Via del Compressore al Cerro Torre in Patagonia, effettuata insieme al canadese Jason Kruk nel gennaio del 2012. Rimuovendo in discesa oltre 100 chiodi a pressione della via di Cesare Maestri aveva dato vita ad una feroce polemica nell’intero mondo dell’alpinismo. L’acceso dibattito ha sicuramente oscurato la loro bellissima salita definita "fair means" della cresta SE del Cerro Torre dei giorni precedenti, e anche la prima libera pochi giorni più tardi della via del Compressore da parte degli austriaci David Lama e Peter Ortner. Entrambe queste salite hanno ricevuto una menzione speciale del 21° Piolet d’Or celebrato a Courmayeur nell’aprile del 2013. Ma sarebbe indubbiamente riduttivo ricordare Kennedy soltanto per questo episodio in cui credeva fortemente.

Questa polemica, che pur aveva segnato l’allora 22enne Kennedy, non gli ha impedito di continuare a vivere il suo amore per la montagna. Pochi mesi più tardi, già nel luglio del 2012, è riuscito ad aprire nel Karakorum in Pakistan una nuova via, in perfetto stile alpino, sull’inviolata parete est del K7 (6935m) insieme a Kyle Dempster e Urban Novak. Il loro successo è arrivato dopo un tentativo fallito l’anno precedente a circa 2/3 della salita. Ormai ben acclimatati, nell’agosto del 2012 Kennedy e Dempster hanno effettuato la terza salita del Baintha Brakk, meglio conosciuto come Ogre. Anche qui, per arrivare ai 7285m della cima i due sono saliti in stile alpino per una via nuova, accompagnati a lungo da Josh Wharton che però ha dovuto rinunciare alla cima per problemi fisici.

Come molti si ricorderanno, la cima dell’Ogre era stata tentata da molte spedizioni negli ultimi decenni ma in precedenza era stata raggiunta soltanto due volte, ovvero nel 1977 attraverso lo sperone Sud-Ovest e la cresta ovest con la famosa prima salita effettuata dai britannici Doug Scott e Chris Bonington, e nel 2001 da Urs Stöcker, Iwan Wolf e Thomas Huber lungo il Pilastro Sud. Per la nuova via sulla parete sud dell’Ogre Kennedy e Dempster hanno ricevuto il prestigioso Piolet d’Or del 2013, oltre alla già citata menzione speciale.

Due anni più tardi, nell’ottobre del 2015, Kennedy si è recato nell’ Himalaya indiano insieme a Urban Novak, Manu Pellissier e Marko Prezelj per effettuare la prima salita della inesplorata parete est del Cerro Kishtwar (6173 m). Come acclimatamento i quattro si sono "scaldati" con la prima salita della cresta sud del Chomochior (6278 m). Anche queste due salite sono state eseguite in perfetto stile alpino e, se ancora fosse servita una conferma del suo valore e capacità, allora questa conferma è arrivata in forma di un secondo Piolet d’Or per Kennedy nell’aprile 2016.

La perdita di due grandi amici – Justin Griffin deceduto in Nepal nel 2015 e Kyle Dempster scomparso in Pakistan nel 2016 insieme a Scott Adamson – aveva colpito molto Hayden Kennedy. Soltanto pochi settimane fa per la rivista eveningsends.com, ripensando agli amici persi in montagna, Kennedy aveva infatti scritto "Negli ultimi anni, tuttavia, ho visto troppi amici andare in montagna per poi non tornare mai più, e ho capito qualcosa di doloroso. Non sono fugaci soltanto le cime memorabili, o i passaggi chiave. Anche gli amici ed i compagni di cordata sono fugaci. Questo è la dolorosa realtà del nostro sport, e non sono sicuro su come interpretarlo. L’arrampicata è o un bellissimo regalo, oppure una maledizione."

>> Comunicato della famiglia Kennedy sulla morte di Hayden Kennedy

So nice to get high with this guy again!! . . When no one wanted to come with me to climb @3v4n92 and @m.4bbott's fucking awesome new 8 pitch route on Ross Peak, Blue Pheonix, HK (who recently had shoulder surgery) volunteered to belay me and jug up behind. Very grateful for his support but also excited to really share the energy of climbing with him again soon.

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David Lama apre in solitaria Nord Pfeiler alla Hohe Kirche in Valsertal

Il 24/03/2018 l’alpinista austriaco David Lama ha aperto in solitaria Nord Pfeiler, una nuova via di arrampicata di misto sulla parete nord di Hohe Kirche nella Valsertal, Austria.

David Lama in Valsertal ancora una volta. A poche settimane della prima salita di Sagzahn – Verschneidung sulla Sagwand, il 27enne alpinista austriaco è tornato nella sua valle preferita per aggiungere una nuova via sul Pilasto Nord della vicina Hohe Kirche.

Proprio su questa montagna nel dicembre 2013 Lama aveva aperto, in solitaria, la via Nordverschneidung sulla parete nord e adesso ha scelto una linea poco più a sinistra, sull’evidente Pilastro Nord. Quattro anni fa aveva tentato la linea insieme a Ben Lepesant ma all’epoca i due erano stati costretti a tornare indietro circa 3 tiri sotto l’ultimo nevaio. Adesso, sapendo che nonostante la fine dell’inverno la valle sarebbe stata ancora preda delle rigide condizioni invernali, è tornato per completare l’opera.

Domenica scorsa, dopo essere partito dal parcheggio alle 5.30, David Lama ha raggiunto la base della montagna con gli sci, poi ha messo i ramponi e ha iniziato la salita. “La prima sezione è risultata relativamente facile e sono salito rapidamente sui primi 3 o 4 tiri senza corda” ci ha raccontato Lama. “Poi le cose sono diventate molto più difficili e ho continuato con la corda in autoassicurazione, utilizzando un misto di arrampicata libera e arrampicata artificiale. Negli ultimi due tiri la roccia era assolutamente orribile e in qualche maniera sono riuscito a superare enormi massi instabili.”

Il Nord Pfeiler è alto circa 400 metri ed è gradato complessivamente M4 A1, e Lama suggerisce che in libera potrebbe essere intorno al grado M6. “In verità però non consiglierei questa via a nessuno. All’inizio mi è piaciuta molto l’arrampicata e ho lasciato alcuni chiodi perché pensavo che sarebbero stati apprezzati dai ripetitori. Ma poi, verso l’uscita, quando la roccia è diventata veramente marcia mi sono reso conto che forse non sarebbe una buona cosa se questa via avesse molte ripetizioni.”

Nord Pfeiler affronta “la linea più facile della sezione più ripida della parete, è una salita invernale estremamente logica”. Da notare che durante il primo tentativo con Lepesant, nella parte bassa Lama si era imbattuto su un vecchissimo chiodo che ritiene appartenga ad un precedente tentativo non documentato di alcuni decenni fa.

Alla nostra domanda di cosa rende così speciale la Valsertal, Lama ci ha risposto “Prima di tutto non è troppo lontana da casa. E poi, nonostante sia così vicino a Innsbruck, sembra davvero un posto fuori dal mondo. All’improvviso sei completamente da solo, l’arrampicata è sempre impegnativa e offre tutto, protezioni buone, protezioni terribili, roccia buona e poi improvvisamente un roccia catastrofica. L’arrampicata è sempre eccitante quindi. E avventurosa.”

Oltre alla già citata Sagzahn – Verschneidung sulla Sagwand, nella stessa valle vanno ricordate altre salite invernali effettuate da Lama comeBadlands(prima salita, in solitaria, aprile 2012),Sagwand Schiefer Riss(marzo 2013, assieme a Hansjörg Auer e Peter Ortner) eSagwand Mittelpfeiler(solitaria, maggio 2013).

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Gyanjikhang Peak, Himalaya: nuova via per Montanari e gli Sherpa

Il racconto della Guida alpina Luca Montanari che, insieme a Giorgio Sartori, Mingma Temba Sherpa e Nima Sherpa, ha aperto una nuova via sul Monte Gyanjikhang, montagna di 7074 metri nella valle del Khumbu (Himalaya, Nepal).

Gyanjikhang: difficile da ricordare, scrivere e persino pronunciare. Ma per me e Giorgio Sartori è ormai un nome che non dimenticheremo mai, perché legato ad una delle esperienze più straordinarie della nostra vita alpinistica.

La scelta di questa montagna derivava dalla voglia di tentare la cima di un settemila poco conosciuto, in una regione – quella dell’Annapurna – decisamente più isolata e meno trafficata della Valle del Khumbu. Poche informazioni, pochissime relazioni, nessuna esperienza precedente: né io, né gli sherpa che ci avrebbero accompagnato, eravamo mai stati lì.

Partiamo con spirito esplorativo, con l’approccio sognatore e determinato dell’alpinista alla ricerca di nuove vette da raggiungere e raccontare. Ma soprattutto, partiamo consapevoli del fatto che nessuna spedizione italiana era mai stata lì e questo, lo ammetto, ha contribuito a darci tantissima carica.

Luca “Sherpa” Montanari, Giorgio “Evergreen” Sartori, “Big” Mingma Temba Sherpa, “Speed” Nima Sherpa: la cordata italo/nepalese ben presto si sarebbe trovata di fronte ad un’esperienza davvero unica.

Il lungo trekking di avvicinamento (9 giorni di cammino, con passi a 5400 metri), ci ha permesso di arrivare al campo base, a 4800 metri di quota, stanchi, ma ben acclimatati. Condizioni fisiche molto buone, morale altissimo, un’ottima compagnia. C’eravamo solo noi, accampati in un campo base praticamente deserto, e la montagna. Bellissima, misteriosa, nuova.

Il meteo e il nostro buono stato di salute erano dalla nostra parte e, in teoria, ci avrebbero permesso di portare avanti il programma di salita così come lo avevamo pianificato. In teoria.
Nella pratica, avevamo ricevuto dall’Italia notizie certe che la via classica, quella lungo la cresta, all’apparenza la più bella, era in realtà molto secca e pericolosa. Dovendo evitare, ci siamo spinti su dalla via del ghiacciaio, dove la linea sembrava più fattibile. Individuato ed allestito il campo 2 e saliti al campo per completare l’acclimatamento, ci siamo resi conto in realtà che la tratta dal campo 2 a campo 3 passava attraverso un corridoio delimitato, a sinistra, da un groviglio di enormi crepacci. A destra, sospeso ad un centinaio di metri sopra le nostre teste, un enorme seracco strapiombante, dal quale ogni giorno si staccavano pezzi enormi di ghiaccio che, a loro volta, innescavano valanghe di medie dimensioni lungo la traccia di salita. Insomma, un tratto impercorribile, il cui passaggio avrebbe comportato rischi enormi. Inutile raccontare la delusione e lo sconforto: quando si arriva ad un passo dalla vetta, quando la salute e le condizioni meteo sono buone, è davvero difficile rinunciare. E’ come se, all’improvviso, piombassero addosso tutto il freddo e la stanchezza che l’adrenalina e l’entusiasmo non avevano fatto sentire fino a quel momento. Così ci sentivamo noi, dopo aver constatato che sembrava davvero finita.

La nuova via.
Ma nella vita, negli interstizi tra pianificazioni ed imprevisti, si incastrano dei piccoli tasselli che noi non possiamo prevedere, ma che hanno il potere di cambiare il corso degli eventi: sono le opportunità. Mi sono reso conto che le nostre buone condizioni, il profilarsi di una lunga settimana di bel tempo e la presenza di 2 fortissimi sherpa, erano i nostri tasselli, infilati tra le due vie non percorribili.

“Ci deve essere un passaggio più diretto e sicuro, ho visto la montagna, ho bene in mente l’immagine dall’alto del ghiacciaio. Ma soprattutto, non voglio mollare. Per Giorgio, per me e per tutti quelli che sono qui insieme a noi con il pensiero e con il cuore. Tentiamo”. Questo mi ripetevo, all’indomani di quello che doveva essere il giorno di riposo e che invece, insieme a Mingma e Nima, ho impiegato per tentare di aprire una nuova linea di salita. Abbiamo lavorato duro tutto il giorno per superare una bella parete di circa 60 gradi e, successivamente, una lunga cresta che abbiamo attrezzato interamente con corde fisse, per garantire la sicurezza durante la discesa. Il passaggio, infatti, avrebbe comportato l’attraversamento di una zona di grandi crepacci prima di raggiungere i pendii che portano al colle e, quindi, la cresta finale verso la cima. Quel giorno ero davvero stanco, avevo lavorato duro insieme agli sherpa, non avevo riposato. Ma dentro mi sentivo invincibile, appagato, felice.

La vetta

L’indomani partiamo. 1 e 15 di notte, 25 ottobre. Un cielo stracolmo di stelle ed un freddo pungente, a 5800 mt di quota. Superiamo velocemente il tratto più ripido della cresta che ci conduce al labirinto di crepacci. Raggiunto il plateau, a circa 6200 metri, il vento si rafforza, Giorgio è costretto a fermarsi ogni cinque, dieci minuti a causa del freddo alle mani. Proviamo più volte a fare il cambio dei guanti, alla ricerca del paio più caldo. Avanziamo a fatica verso il colle che ci collega alla lunga cresta finale, verso la cima. Il vento aumenta, quasi fino a farci perdere l’equilibrio. Teniamo duro, in 4, uno dietro all’altro, con in testa Mingma. Siamo stretti nei nostri piumini, nei nostri pensieri, andiamo incontro alle luci dell’alba, incontro ad un sogno che sembra essere proprio lì, a pochi passi da noi.

Giunti al colle, i raggi del sole non scaldano più, il vento è davvero fortissimo e il freddo insopportabile. Ma la cima è vicina, il terreno è meno ripido, la nostra determinazione non cede alle raffiche. Sento tanto freddo, ma vado avanti. Mingma è già in vetta, che ci aspetta. Dò una pacca sulla spalla di Giorgio, lascio che sia lui ad andare avanti.

Gli ultimi metri sono davvero duri, ma i pensieri, i tasselli, la forza da casa, sono ancora più forti di questo muro di gelo che non accenna a diminuire. Alla fine, è solo gioia, tanta gioia. Le lacrime ghiacciano sulle ciglia, cerchiamo i nostri abbracci, pensiamo silenziosamente a quanti siamo, in realtà, quassù.

Al caldo della nostra tenda controlliamo il nostro stato di salute: qualche principio di congelamento, ma niente di grave. Solo al campo base, riposati, tiriamo le somme: un 7000, attraverso una nuova via, più sicura, per tutti quelli che vorranno salire questa meravigliosa montagna dopo di noi. Il primo 7000 per Giorgio, la prima salita personale per Mingma e Nima.

Ringrazio di cuore Giorgio, per la perseveranza che ha avuto nel raggiungimento di questo grande obiettivo, per non aver mai perso la positività, una dote che solo i grandi alpinisti possiedono.
E ringrazio i nostri compagni di cordata Mingma e Nima, fortissimi sherpa, ma soprattutto persone di gran cuore. Senza il loro aiuto, il loro sostegno e i loro sorrisi, non avremmo potuto coronare questo sogno.

A Kathmandu ci aspettano i segretari di Miss Hawley, che hanno ufficializzato la prima salita italiana del Gyanjikhang e hanno constatato che la nuova via diventerà, con ogni probabilità, la salita più sicura, d’ora in poi.

Torno a casa felice, come sempre mi capita dopo aver trascorso periodi più o meno lunghi in Nepal. Ma mai come questa volta mi sono reso conto che, qualunque sia l’obiettivo da raggiungere e le difficoltà da superare, c’è sempre una via inesplorata che ci apre la strada. Cercate i tasselli: troverete le vostre opportunità.

Tashi Delek Gyajikhang
Luca Montanari

Info: www.xtravels.it

Gyanjikhang Peak
Prima salita
Ottobre 7, 1994, spedizione nepalese – giapponese lungo la cresta nordovest
In cima: Toshisada Hasegawa, Yousuke Kokubo, Osamu Tanabe, Ram Kaji Sivakoti, Pasang Tshering Sherpa, Dambar Bahadur Gurung.

Ultima salita prima del 2017
Ottobre 23, 2012, da spedizione francese lungo la cresta ovest
In cima: Mickael Croizet, Pierre Charlot, Patrick Chatellain, Yves Froger, Pascal Menajour, Ang Dawa Sherpa, Pasang Tendi Sherpa.

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