Popular online novel spawns animation film

In 2011, novelist Wang Dong, better known as Hudie Lan (Butterfly orchid), released his online game-themed novel, The King’s Avatar, on Qidian.com, the country’s largest internet novel-hosting website.

The novel took three years to wrap up, and became a sensation spawning an animation series, a live-action TV series, a stage show, and two albums.

Now, a feature-length animation film based on the novel has hit domestic theaters, marking the first time the protagonist gamers have been brought to life on big screen.

The film, The King’s Avatar: For the Glory, has grossed nearly 74 million yuan ($10.5 million) since it opened on Aug 16.

Set in Hangzhou, the capital city of Zhejiang province, the film centers on Ye Xiu, a genius gamer who is forced to leave his professional e-sports team. After moving to work as a handyman in an internet café, Ye reinvents himself to join the multi-player online game Glory.

The film has received mixed reviews online. And some disappointed fans complain that the characters are depicted poorly and that many of the sequences are badly done.

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'I always gave my maximum for Barca' – Malcom turns focus to Zenit after failing to break through at Camp Nou

The winger is ready for a fresh start in Russia after he was unable to establish himself as a starter for the Catalans

Former Barcelona attacker Malcom insists that he was perfectly happy at Camp Nou despite moving to Zenit in the summer after failing to nail down a starting spot in Spain.

The 22-year-old winger was sold to the Russian Premier League club for a fee of €40 million (£36.5m/$44.5m), plus €5 million (£4.6m/$5.6m) in add-ons, having become expendable to the squad following the signing of Antoine Griezmann.

Despite only making 24 appearances and scoring four goals for the Spanish giants, the Brazilian has no qualms about the effort he put in at Barca and says he is ready to move on in Saint Petersburg.

“I’ve always tried my best, because in a club like Barcelona you have to be always ready. And everytime I was called to play I gave my maximum,” Malcom told Goal in an exclusive interview.

“Football is like this, you have to grab your chances. Zenit made a great effort to hire me and they made a very good proposition.

“I was very happy at Barcelona and I’m sure I will be happy here at Zenit.”

Malcom’s start to life at Zenit hasn’t been smooth, with a section of the club’s supporters questioning his recruitment because of his skin colour.

His Zenit journey hasn’t been positive on the pitch either, with a hip injury keeping him out of Saturday’s game against Akhmat Grozny after making two second-half substitute appearances versus Krasnodor and Dinamo Moscow.

However, he remembers a moment from his time at Barcelona fondly – when he struck against Real Madrid in Copa del Rey semi-final first leg – with a goal that will stick in Blaugrana supporters’ minds.

“When you score important goals you leave your mark in the supporters’ memories. I’ve always worked hard to play well and to help my team, and that’s the way to build a career,” Malcom said. 

“You have to show all the sweat and dedication for the supporters to respect you. Of course, playing well is important, but the dedication also counts.”

Malcom also revealed his admiration for Barcelona star Lionel Messi, showering him in praise after his experiences alongside the Argentine legend.

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“Messi is an exceptional player, a great person, great team-mate and a very good person. He respects everyone, we got on very well. He’s world class and deserves all his success,” he said.

Malcom’s Zenit, who are currently top of the league, travel to face FC Ufa on Saturday before preparing for a match against rivals Spartak Moscow on September 1.

Park Hee Yong e Maria Tolokonina vincono la Ice Climbing World Cup 2013

La quinta ed ultima tappa della Ice Climbing World Cup 2013 Lead si è svolta a Kirov (Russia) lo scorso weekend ed è stata vinta dal russo Maxim Tomilov e la coreana Shin Woon Seon, ma la Coppa del Mondo Lead 2013 è stata vinta da Park Hee Yong (KOR) e Maria Tolokonina (RUS), mentre la Coppa del Mondo Speed è stata vinta dai russi Julia Oleynikova e Egor Trapeznikov.

Nell’ultima e decisiva gara di coppa del mondo di Ice climbing a prevalere è stato il nervosismo, quello che ha portato all’errore Angelika Rainer che, dopo una stagione da dominatrice, ha regalato la coppa del mondo all’avversaria e compagna di squadra (Reparto corse Grivel), Maria Tolokonina, in lacrime dopo la sua prestazione ma ovviamente contenta a fine gara. Un peccato per la meranese, che paga caro l’unico errore stagionale, ma riconosciamo che è veramente difficile mantenere sempre la calma, la concentrazione e la lucidità per tutti i due mesi di gara. Con la vittoria del mondiale ad inizio stagione, il secondo posto a Saas Fee e la vittoria di Rabenstein, Angelika ha comunque avuto una stagione superlativa, e questa giornata buia non la deve abbattere; a volte succede che qualcosa vada storto, e che l’atleta migliore o più in forma non vinca, non parlo di fortuna o di sfiga, questo si chiama “Sport”!

Ma veniamo alla gara: le qualifiche sono state caratterizzate dall’ennesima novità della federazione internazionale, complice l’organizzazione russa; pronti via, per limitare i tempi di lavoro, qualifiche su due vie anziché su una sola come per le altre tappe, ma vie uguali per uomini e donne, si è mai visto?! In semifinale le vie erano divise, ed a primeggiare sono stati come sempre Maxim Tomilov e Park Hee Yong per gli uomini ed Shin Woon Seon e Angelika Rainer per le donne.

Nella finale femminile a vincere è stata la coreana Shin, che non vinceva da tre anni, ma che ha meritato di portarsi a casa la vittoria; seconda la Russa Tolokonina che non è riuscita a passare il duro tetto di metà via, terza Lucie Hrozova, Angelika Rainer ottava che, come detto, ha commesso un errore e si è staccata sul muro iniziale. La finale maschile, lunga all’inverosimile, tanto che i migliori si sono fermati almeno a 3 rinvii dal top, ha visto primeggiare l’atleta del reparto corse Grivel Maxim Tomilov, davanti a Park Hee Yong ed al compagno di squadra Nikolay Kuzovlev. Da segnalare i 3 top totali, 2 in qualifica ed uno in semifinale, per le donne nessun top (probabilmente i tracciatori russi hanno sbagliato qualcosa).

La gara Speed maschile è stata vinta da Egor Trapeznikov, russo come Radomir Proscchenko e Ivan Spitsyn, rispettivamente secondo e terzo; Ekaterina Feoktistova, Julia Oleynikova e Maryam Filippova il podio femminile, tutte russe.

Il circus della Coppa del Mondo si è così concluso, restano da analizzare alcuni episodi successi durante le gare e sicuramente è da rivedere e definire in maniera chiara il regolamento, ma siamo convinti che qualcosa si stia muovendo, soprattutto da parte degli atleti.

Un grazie particolare all’AVS Altoadige che ha iscritto tutti gli atleti italiani alle gare, garantendo loro la possibilità di gareggiare, e grazie a Diego Patete che ha accompagnato la squadra italiana durante tutte le gare come fotografo ufficiale.

Marco Servalli

RANKING FINALE 2013

Lead maschile
1 Heeyong Park KOR 405
2 Maxim Tomilov RUS 398
3 Valentyn Sypavin UKR 294
4 Nikolay Kuzovlev RUS 287
5 Alexey Tomilov RUS 237
6 Hee Han Jung KOR 173
7 Alexey Vagin RUS 150
7 Sergey Tarasov RUS 150
9 Ivan Lyulyukin RUS 131
10 Pavel Batushev RUS 103
10 Yevgen Kryvosheytsev UKR 103

Lead Femminile
1 Maria Tolokonina RUS 380
2 Angelika Rainer ITA 363
3 Seon Shin Woon KOR 100
4 Lucie Hrozova CZE 328
5 Maryam Filippova RUS 244
6 Nadezhda Gallyamova RUS 196
7 Natalya Kulikova RUS 187
8 Anna Gallyamova RUS 186
9 Svetlana Sokolova RUS 182
10 Liudmila Badalyan RUS 175
11 Barbara Zwerger ITA 121

Speed maschile
1 Egor Trapeznikov RUS 310
2 Ivan Spitsyn RUS 306
3 Pavel Gulyaev RUS 289
4 Pavel Batushev RUS 275
5 Vlad Golub RUS 224
6 Dennis Van Hoek NED 211
7 Kirill Kolchegoshev RUS 202
8 Alexey Tomilov RUS 187
9 Maxim Vlasov RUS 176
10 Nikolay Kuzovlev RUS 163

Speed Femminile
1 Julia Oleynikova RUS 348
2 Maryam Filippova RUS 340
3 Ekaterina Feoktistova RUS 339
4 Maria Tolokonina RUS 333
5 Ekaterina Glazunova RUS 243
5 Maria Krasavina RUS 243
7 Nadezhda Gallyamova RUS 216
8 Irina Bagaeva RUS 188
9 Natalya Kulikova RUS 162
10 Radka Petkova BUL 152

11/02/2013 – Ice Climbing World Cup 2013: oro per Park e Hrozová a Busteni
28/01/2013 – Ice Climbing World Cup 2013, a Rabenstein Angelika Rainer e Maxim Tomilov vincono ancora
20/01/2013 – Ice Climbing World Cup 2013, a Saas Fee vincono Tomilov e Tolokonina
13/01/2013 – Angelika Rainer vince terzo mondiale di ice climbing. Ad Alexey Tomilov il titolo maschile

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Incontro con Renzino Cosson, guida alpina e memoria storica del Monte Bianco

Renzino Cosson, guida alpina e memoria storica del Monte Bianco, racconta dell’alpinismo, della natura e del fascino della montagna nell’ incontro – intervista realizzato da don Daniele d’Elia e Ronald Gumiel.

Sopra la cittadina di Courmayeur, a circa 2000 metri di altezza, tra vecchi alpeggi, su una terrazza panoramica, sorge il rifugio “Giorgio Bertone”. Da qui è possibile ammirare tutto il versante italiano del massiccio Monte Bianco. La vista è ampia e mozzafiato. Carovane di turisti, in queste settimane estive, in fila indiana percorrono i sentieri che da valle portano al rifugio. Arriviamo in una ridente mattina d’Agosto al Bertone e a tavola troviamo piu di trecento persone sedute e gustare i piatti tipici preparati dall’affiatatissimo personale del rifugio. Ma non tutti sanno che, al Bertone, il padrone di casa Lorenzo Cosson, che è stata tra le più grandi guide alpine in attività nella zona, responsabile del soccorso alpino regionale per tantissimi anni e, dunque, memoria storica vivente di tante imprese che direttamente o indirettamente lo hanno interessato. Non appena si giunge al rifugio, è facile notare le fotografie sulle pareti. Renzino ha coltivato per anni, anche la passione per la fotografia in montagna. Il rifugio Bertone trasuda di storia dalle sue pareti. Con tanta umiltà Renzino racconta le origini del luogo in cui ci troviamo:

“Era un alpeggio che era stato abbandonato. Incontrai l’allora assessore al turismo e gli manifestai la volontà di rifare le baite dell’alpeggio, in modo da favorire il passaggio dei turisti che percorrevano la zona. Mi riferì che la regione Valle d’Aosta dava un contributo per le spese di costruzione dei rifugi, a fondo perduto. Allora non avevo tanta fiducia nei politici ma fui perseverante nel mio desiderio. Mi chiesero quanto volessi investire e, con trenta milioni di vecchie lire, riuscii a lanciare il progetto. I miei genitori erano contrari e spaventati dell’impresa. E anche l’ingegnere e il notaio a cui mi affidai, non lo ritennero un progetto lungimirante. La storia ha dimostrato il contrario.”

Il rifugio è intitolato a Giorgio Bertone, di cui Cosson cosi racconta: “è stato senza ombra di dubbio una delle migliori guide, se non la miglior guida italiana di quel periodo. Ebbi la fortuna di conoscerlo prima attraverso la pratica dello sci e poi attraverso l’alpinismo. Io ero aspirante guida alpina. Sebbene avessi partecipato a qualche corso, secondo lui non avevo fatto ancora tante ascensioni e non avevo ancora un buon curriculum. Mia mamma, infatti era contraria, e fece di tutto per evitare che io diventassi una guida alpina. Bertone un giorno mi disse che andava in montagna per scalare. Gli chiesi se potessi seguirlo. Acconsentì e mi suggerì di trovare un compagno, che dunque fu Cesare Ollier. Al termine di quella prima ascensione mi chiese di seguirlo ancora sulla via “Bonatti” al Gran Capucin. Anche quella volta, cercai un compagno e lo trovai nella persona di un ragazzino quindicenne, che non era mai salito al rifugio Torino, ma arrampicava molto bene in palestra. Bertone impiegò otto ore, mentre noi arrivammo dopo nove ore, molto stanchi. Al ritorno, lui ripartì per primo (era Settembre ed era ormai buio) e a me che andavo per ultimo affidò la calata dei compagni e il recupero delle corde. Di li è nata la fiducia e l’amicizia reciproca nell’andare in montagna, ed è nato un rapporto che è continuato ininterrotto negli anni”.

Cosson, dunque, responsabile per molti anni del soccorso alpino in regione, anche dalle guide del posto è considerato un punto di riferimento. Mentre tento di approcciare su questo argomento lui mi interrompe e continua: “Nell’alpinismo ci sono i “Formula 1, i Formula 2 e i Formula 3″ e c’è chi guida la Cinquecento. Io ho sempre e solo guidato la Cinquecento. Devo solo ringraziare i miei grandi maestri, tra cui Franco Garda, il precursore di un soccorso alpino moderno in Valle d’Aosta, conosciuto in tutta Europa, persona straordinaria con delle visioni futuristiche ed è stato il primo a creare un soccorso alpino organizzato in Val d’Aosta. Quando divenne responsabile del soccorso alpino nazionale, avendo fiducia nel sottoscritto e mi affidò il soccorso in Val d’Aosta quando ancora c’erano pochi mezzi. Negli anni siam cresciuti parecchio.”

Cerco di sondare il cammino interiore di quest’uomo e capire quali sono le sue priorità. E soprattutto cerco di capire la scelta di vivere in un luogo cosi isolato quale può essere il Bertone. Chiedo se la scelta è dovuta a un desiderio di quiete, di silenzio, di tranqullità, ed è a questo punto che il Cosson si confida: “Poichè questo è un rifugio se ci fosse calma totale saremmo mal messi. I turisti che frequentano il rifugio ci permettono di vivere in montagna e di montagna. Ci sono dei periodi in cui, tuttavia, non c’è nessuno ed è allora che mi sento a mio agio nella quiete e nella tranquillità. Ho un teleobiettivo e con quello mi guardo attorno e rivedo da lontano gli itinerari che ho avuto la fortuna di percorrere durante la mia vita. Ho avuto la fortuna di ritrovarmi sotto al “Ghiglione” quando portarono papa Giovanni Paolo II e gli scattai la foto con il Monte Bianco sullo sfondo. E’ stato un momento particolare. Non gli ho rivolto alcuna parola perchè lui è sceso dall’elicottero, ha fatto tre-quattro passi, si è guardato attorno e ha detto “qui non bisogna venire in elicottero ma a piedi!”. Ho visto quell’uomo, il papa, apprezzare con tanta semplicità tutto ciò che lo circondava. Quel momento mi ha toccato e da allora mi ripeto sempre di non sapere chi abbia creato la natura. Ma son certo che chi l’ha creata ha veramente buon gusto. Oggi non scalo più perchè ritengo che a un certo punto, nella vita, devi capire di esser stato fortunato. L’esperienza conta, ma le valanghe, le pietre, i seracchi, non sanno che sei un esperto. La vita, ha un valore straordinario e, personalmente, ritengo che questi posti assomiglino tanto al paradiso, “terrestre” ovviamente. Poi se c’è n’è un altro meglio ancora. Ma approfittiamone prima qui. Mi ritengo un privilegiato. Cosa si può volere più dalla vita?”

“Bertone mi ha trasmesso la passione per tutte le cose belle. Mi ha insegnato ad andare in montagna, mi ha dato passione per la fotografia e per la musica. E mi ha insegnato cos’è l’amicizia. Con lui ho avuto la passione di andare negli Stati Uniti nel ’74 e abbiamo scalato “El Capitan”, una parete di mille metri nello Yosemite in California. Era una prima italiana. Quando siamo arrivati ai piedi di questa parete mi sono impressionato. A Novembre arriviamo ai piedi di questa montagna e c’erano venti centimetri di neve, nessuno che scalava. C’eravamo solo noi due. Dopo sette giorni di scalata, l’ultima sera, le corde erano incastrate, c’era temporale, parete liscia e pioveva. Io ero stanco e cotto e gli dico: “Per fare questa parete potevi trovarti un alpinista più forte!”. Lui mi rispose: “Forse l’avrei trovato, ma un amico no!”

testo e intervista di Daniele d’Elia e Ronald Gumiel

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Arrampicare è una festa, anche per le mamme

Splendidamente sospese nel cielo, è successo a Cecilia e a sua figlia Sara dopo aver salito Dillosauro sull’increbile monolite di Jurassic Park in Sardegna. Incidentalmente era anche la festa della… mamma.

Spesso si ironizza sugli "arrampicatori della domenica" quasi fosse una razza un po’ sfigata, costretti a lavorare tutta la settimana in ufficio per poi magari, proprio la domenica, unico giorno a loro disposizione per scalare, essere ribattuti dalla pioggia. Eppure a volte ci si può imbattere in domeniche davvero speciali, che ti ripagano di tutta la settimana passata al lavoro… Per Cecilia, alle prese con i turni in sala operatoria e sua figlia Sara, preoccupata da una serie di verifiche di greco e latino, sono bastate poche ore in uno di quei luoghi incredibili che solo la Sardegna sa offrire, per rigenerarsi ed affrontare un lunedì che si prospettava tutt’altro che esaltante. A volte basta poco, una festa ormai quasi dimenticata, un abbraccio sulla cima, un breve momento di felicità per assaporare tutta la bellezza della vita.

Per chi volesse salire l’incredibile monolite di Jurassic Park, Planetmountain ha pubblicato una breve scheda di questa via.

festa della mamma from Maurizio Oviglia on Vimeo.

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E9 Day Sassofortino

Il report di Mauro Calibani del 1° E9 Day, una festa / raduno per boulderisti che si è svolta dal 22 al 23 Giugno 2013 a Sassofortino (provincia di Grossetto, Toscana).

Chiudete gli occhi, immaginatevi di essere immersi nella natura di una verdissima collina Toscana che, dopo le abbondanti piogge primaverili di quest’anno hanno reso il verde brillante e prezioso. Imboccate una dritta stradina di terra e pensate di arrivare al campo base di E9, una vecchia casa di campagna, con un glicine che fa da tettoia esterna, tutt’attorno un prato verde e imponenti castagni fanno ombra nelle 2 soleggiate giornate.

È da tempo che l’organizzazione è partita, Florentin Vinogradof, un nostro amico disoccupato, che da tempo frequenta la palestra +Gaz di Firenze, è stato assunto a tempo pieno per la rispazzolatura dell’intera area dei blocchi di Sassofortino, abbandonata da lungo tempo.

Alle visite dei primi giorni, lo stato selvatico del bosco ci scoraggia, il progetto sembra dover decadere. Ma gli organizzatori ed i collaboratori non demordono e vanno avanti, iniziano a combattere contro muschio e licheni, a suon di sudore e spazzole metalliche, che si consumano velocemente sugli gli enormi blocchi vulcanici, mentre muscoli, schiene e polsi fanno male. Alla fine, dopo un mese di lavoro, i bei sassi tornano al loro colore originario ed emergono dal predominante verde assoluto.

22 e 23 giugno 2013 L’evento ha inizio. Alle 9 del mattino si apre il cancello per le iscrizioni, ed alla fine tra i 260 iscritti ci sono anche i “ragazzi del team E9”, Michele Caminati, Irene Bariani, Simone Raina, Lorenzo Fornaro, Gabriele Gorobei, Valdo Chilese, Daniela Feroleto, Argyro Papathanasiou,  David Morresi, Pietro Vangi. Poi altri nomi di spicco come Riccardo Caprasecca, Giovanna Pozzoli, Danilo Marchionne. L’atmosfera è quella giusta e lo spirito di E9 irradia tutto, l’armonia si percepisce e le persone sembrano vivere qualche cosa di speciale.

I partecipanti hanno combattuto sino all’ultimo per salire i bei passaggi dalle forme più rotonde e bizzarre, alcuni di essi sono stati letteralmente presi d’assalto. Quelli selezionati per il contest uomini sono stati: “Il cognato d’Alonso” 7c+, “Il lancio” 8a, “Niccotauro”7b e “Progetto Caminati” rimasto ancora progetto..

Sul podio, tutti sorridenti e felici, ci sono andati Valdo Chilese, Caminati, Caprasecca e Marchionne, per aver salito 2 dei 4 passaggi, ma alla fine tra tutti Michele Caminati è stato eletto vincitore morale della manifestazione per essersi cimentato anche in 2 bellissime nuove salite in stile trad nella falesia sovrastante l’area blocchi.

Per il contest donne invece i passaggi erano: “Scream” 7a+ ”Il Grande Fegato” 7a, “4 Volte” 7b, “Nipols” 7a/b; con 3 di questi passaggi Irene Bariani saliva sul gradino più alto del podio, seguita da Feroleto, Pozzoli e Argy.

Anche i più piccoli hanno giocato in un’area bimbi attrezzata tra i sassi e sono poi stati premiati tutti per la loro gradita partecipazione.
Al di là dell’arrampicata, uno dei più bei momenti è stato L’aperitivo-cena del sabato sera diretto dai mitici e scatenati “Fratelli di Sassoforte” che hanno distribuito piatti e bevande a tutto andare… Le candele si sono accese nel prato e la musica e tante birre hanno creato la giusta atmosfera per accompagnare la notte verso il giorno seguente, tra equilibri precari sulla slack line, sfide di ping-pong, e relax sotto le stelle.

Ciò che è rimasto nel cuore di tutti, è stato il forte spirito d’aggregazione tra persone che, accomunate dalla stessa passione, con semplice naturalezza, hanno saputo dare la vera anima all’evento, cogliendo in pieno l’essenza di E9. La manifestazione si è conclusa con una ricca premiazione ed una gustosa merenda a base di semplice pane, pomodoro e formaggio, che ha placato gli stomaci dei 260 voraci guerrieri presenti. Assorbite le ultime energie dell’E9 Day, pian piano, dopo i saluti e gli abbracci, tutto il bosco è ritornato alla sua quiete assoluta.

Special thanks to: +Gaz, Camp-Cassin, La Sportiva, Campo Base Pisa, Pianeta Sport,
Climber Store Roma, ed a tutti i ragazzi che ci hanno aiutato in quest’avventura!

Mauro Calibani

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Attraverso il Sempione – sentieri, roccia, neve, ghiaccio di Enrico Serino

Il nuovo libro di Enrico Serino “Attraverso il Sempione – sentieri, roccia, neve, ghiaccio” (MonteRosa Edizioni), 63 itinerari, dalla scalata al trekking dallo sci al ghiaccio, che abbracciano e “vivono” la grande montagna. La recensione di Erminio Ferrari.

Il Sempione: gli italiani della Val d’Ossola lo considerano un po’ casa loro; per gli svizzeri, a parte quelli che vi abitano tra Gondo e Simplon Dorf, è una porzione di territorio un po’ distante per essere al centro dei loro pensieri. Gli alpinisti, senza distinzione di passaporto, lo amano, e non potrebbe essere altrimenti. E più di tutti, si direbbe, lo ama Enrico Serino che ha appena pubblicato per le giovanissime Monterosa edizioni (www.monterosaedizioni.it) Attraverso il Sempione – sentieri, roccia, neve, ghiaccio (pagg. 240, 25,90 euro), una raccolta di 63 itinerari “raccontati”, come indica il sottotitolo. Ed è in quel raccontati l’originalità dell’opera. Che scava, illustra e conduce lungo percorsi che volentieri deviano da quelli più noti, cosicché anche delle montagne più frequentate della regione si finisce per scoprire il lato meno scontato, la storia che mai si sarebbe conosciuta.

Un’esperienza completa, come richiede questo luogo, che va dalla scalata su vertiginose pareti d’erba, o di goulotte ghiacciate dove il meglio che ci si possa aspettare è di imbattersi in una famigliola di cervi, o di pareti su cui gli alpinisti italiani hanno riscoperto la California. E discese e salite su nevi eterne, se non altro nel ricordo che lasciano. E pedalate sui vecchi solchi lasciati dalle carrozze. E profumi (e sapori) di formaggio d’alpe. E incontri (Serino “malato di Sempione” ha vissuto per diversi anni a Simplon Dorf lavorando come casaro): di quelli che forse non cambiano la vita ma di sicuro la premiano.

E tra le tante gemme di questo bel lavoro (peccato che l’autore lo definisca “di ricette”) ne ricordo una: il racconto dal sapore talmudico tessuto attorno a un laghetto a 2’474 metri alle falde del Tochuhorn. Serino vi arrivò alle otto di sera, insieme a un amico con il quale condivideva certe riflessioni filosofiche. “Poco dopo, quando il sole ormai tramontava, eravamo a mollo nell’acqua incredibilmente calda del Rossusee”. Una scoperta che valeva più di qualsiasi filosofia convennero i due. La filosofia, però, era un’altra: “La volta successiva portai anche l’asciugamano, ma il laghetto era evaporato quasi del tutto”.

di Erminio Ferrari

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63 itinerari raccontati.
Editore: Monterosa Edizioni
di Enrico Serino

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A Cortina InCroda i fratelli Iker ed Eneko Pou

Giovedì 24 luglio Cortina InCroda ospita i climbers ed alpinisti spagnoli Iker Pou ed Eneko Pou, una delle cordate più forti ed estrose in assoluto.

I fratelli Pou sono degli scalatori Baschi molto forti, anzi fortissimi, con tantissime realizzazioni pazzesche, dai boulder al top delle difficoltà, alle vie estreme. I due fratelli racconteranno la loro passione per l’arrampicata che li ha portati a incredibili successi in tutto il mondo. Sono rinomati per il loro talento come free climbers audaci ed innovativi ed a Cortina si racconteranno con la loro consueta ironia.

I fratelli Iker ed Eneko Pou, sono tra i climber più forti a livello mondiale, definiti i "Giganti della montagna". Eppure sono due persone semplici, che amano arrampicare e divertirsi. I due baschi travolgeranno con la loro simpatia il pubblico cortinese, in un viaggio tra le loro avventure in alta quota e in verticale, che li hanno portati numerose volte sulle Dolomiti. Un viaggio che partirà dai Paesi Baschi e terminerà sulle Dolomiti.

Eneko è il fratello maggiore, atleta polivalente, si innamorò dell’arrampicata fin da bambino, viaggiando spesso sui Pirenei e sulle Alpi con i suoi genitori. Iker è il più giovane e tecnico. Per entrambi vale il motto "Carpe Diem". Le montagne per i fratelli Pou significano avventura. Sono diventati famosi per i loro incredibili progetti insieme, hanno affrontato pareti difficili unendo le loro forze e i loro talenti, l’energia e la passione. Il loro sogno è quello di viaggiare, incontrare nuove persone, avventurarsi verso l’ignoto e di esplorare i loro limiti attraverso l’arrampicata.

Alle Tre Cime di Lavaredo sono saliti su quella che alcuni considerano la più difficile via delle Alpi: Pan Aroma (8c/500 metri), la via di Alexander Huber che attraversa l’enorme tetto sulla parete Nord della Cima Ovest, si sviluppa su roccia non solida con protezioni dubbie e ha l’uscita in comune con la via Cassin.

Nel 2003 Iker ed Eneko hanno iniziato un tour di scalate denominato "Sette pareti per sette continenti". Con questo progetto volevano salire la via più difficile di ogni continente, girando un film sulle loro performance. Ovviamente ci sono riusciti. Durante il loro tour hanno spinto i confini della big wall, facendo quello che è forse uno dei più difficili liberi saliti fino ad oggi, con il loro ambizioso progetto di scalare la parete ovest del Naranjo de Bulnes, un muro di pietra calcarea che porta sulla cima del Picos de Europa, massiccio nei Pirenei spagnoli. "E’ tutta questione di motivazione", anticipano i fratelli Pou, "e tutta questa motivazione viene dal nostro amore per la montagna. È difficile da spiegare ma è tutta una questione di seguire il proprio intuito e i propri sentimenti. Abbiamo trascorso gran parte del tempo ad arrampicare, prima con vie più sportive mentre adesso con nuovi progetti più “alpinistici” e tradizionali. La verità è che ci piace essere sempre in viaggio alla scoperta di nuove mete e nuove pareti da liberare".

A Cortina arriveranno direttamente dall’Himalaya dove hanno tentato la prima libera del pilastro ovest del Bhagirathi III a 6.454 metri. Una guerra contro il mal tempo che racconteranno giovedì sera.

L’appuntamento con Cortina InCroda è per giovedì 24 luglio alle 20.45 al teatro Alexander Girardi con ingresso libero. La serata sarà trasmessa in diretta sulle frequenze di Radio Cortina.

Sono aperte le iscrizioni al Trekking Storico di Cortina InCroda. Domenica 27 luglio lo staff di Cortina InCroda, con le Guide Alpine e i rievocatori storici accompagnerà gli appassionati di storia e di montagna attraverso le trincee delle Cinque Torri per rivivere la Grande Guerra ed apprezzare la Pace. Previsto il pranzo al Rifugio Scoiattoli. L’appuntamento è alle 9 a Bai de Dones, alla partenza della seggiovia Cinque Torri. La camminata è semplice ed adatta a tutti. Per Info e prenotazioni al 349 7321993

Info: www.cortinaincroda.org

Cortina InCroda 2014
15/07/2014 – Giovedì a Cortina InCroda la prima serata con il Trento Film Festival
09/07/2014 – Cortina InCroda propone Ciak Azione con il film La Montagna Silenziosa
30/06/2014 – Cortina In Croda 2014, si parte con Heinz Mariacher, Luisa Iovane ed Enrico Camanni

Cortina InCroda: una manifestazione realizzata con il contributo del Comune di Cortina d’Ampezzo in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura.
Organizzazione: Associazione Culturale Cortina InCroda.
Partner: Cortina Turismo.
Cortina InCroda:
Presidente: Federico Michielli
Vice Presidente: Alessandro Manaigo
Curatori: Federico Michielli, Marco Ghedina, Alessandra Segafreddo.
Videomaker: Alessandro Manaigo.
Web Editor: Mauro De Biasi.
Scenografie Allestimenti: Alessandro Menardi, Gabriele Dallago,
Staff organizzativo: Diana Gaspari, Paolo Tassi, Giorgio Constantini, Bruno Sartorelli, Gianfranco Rezzadore, Christian Ghedina.
Consulenza tecnica: Luca Zardini Canon.

SPONSOR: Patagonia, Itas Assicurazioni, K2 Sport, Impianti 5 Torri, Cortina Cube, Cooperativa di Cortina, Cassa Rurale e Artigiana di Cortina d’Ampezzo e delle Dolomiti, Farmacia San Giorgio, Top Store, Studio Geometra Diego Ghedina, Studio Amormino, Park Hotel Franceschi, Hotel Olimpia, Hotel Montana, Scarpa, Fioriera Zara.
MEDIA and WEB PARTNER: Radio Cortina, Corriere delle Alpi, PlanetMountain, Cortina TOPic, Il Notiziario di Cortina.
FRIENDS: Scoiattoli di Cortina, Trento Film Festival, Cortina Turismo, Guide Alpine Cortina, Pizzeria Vienna, Libreria Sovilla.

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(S)legati – intervista a due voci a Mattia Fabris e Jacopo Bicocchi

Giovedì 19 giugno 2014 alle 21:00 la palestra Rockspot di Pero (Milano) si trasforma in immenso teatro per proporre al mondo multiforme della montagna, dell’arrampicata e dell’alpinismo, (S)legati, pièce teatrale ispirata a “La Morte Sospesa” di Joe Simpson, l’avvincente e incredibile storia vera che Joe Simpson e Simon Yates hanno vissuto nel corso della prima salita della parete Ovest del Siula Grande (6.344 m) nelle Ande peruviane. Intervista di Nicola Noè ai due protagonisti: Mattia Fabris e Jacopo Bicocchi.

Che cosa vi ha convinto a produrre questo spettacolo?

Mattia: Appena abbiamo incontrato questa storia ne siamo stati stregati. Per tante ragioni. Ci sono storie che, per il loro carattere simbolico, sono capaci di contenere tutte le nostre piccole storie. Il teatro ha bisogno di storie così, storie grandi e paradigmatiche, nelle quali ci si possa specchiare e riconoscere. La vicenda di Joe e Simon è senz’altro una di queste. E poi ci sono tutti gli ingredienti che fanno gola ad una storia: suspence, azione, sentimenti, valori… insomma, c’è proprio tutto.

Jacopo: Si una storia che come dice Mattia ci ha letteralmente rapiti, per il tema trattato e per i significati profondi che contiene: uno su tutti il valore della corda, che lega, che ti fa percepire non più da solo. La corda come una madre, un prolungamento di noi stessi come se fosse un cordone ombelicale verso l’altro. Un legame così profondo e sacro da farci capire l’importanza che può assumere quel gesto di essere costretti a tagliare. Un gesto così netto ma a volte capace di salvarci e di salvare. E poi la certezza di credere che in questa storia ci siano contenuti oltre ai valori della montagna anche quelli della vita, delle relazioni umane. Una storia che parla a chi è appassionato di cime e vette, ma capace di farlo anche con chi della montagna non ne ha mai avvertito il richiamo.

Perché un impianto scenico minimalistico?

Mattia: Per varie ragioni. La prima è “poetica” per così dire: crediamo che il teatro, oggi, in un mondo in cui il cinema e la televisione sono in grado di mostrare in ultra hd il mondo reale, debba fare leva sull’immaginazione dello spettatore. Servono dunque elementi che possano evocare più che mostrare e rappresentare. Come del resto diceva già Shakespeare nel prologo dell’Enrico V: “lasciate che noi […] operiamo sulla forza della vostra immaginazione”. Nello spettacolo usiamo solo una corda, il terzo grande attore della nostra rappresentazione.

Jacopo: La seconda ragione invece è pratica: lo spettacolo è nato insieme all’idea della tournée nei rifugi per cui avevamo l’esigenza di viaggiare più leggeri possibili. L’impianto scenico avrebbe viaggiato con noi, sulle nostre spalle. Questo “problema” in realtà ci ha aiutato a realizzare al meglio la nostra “poetica” spiegata da Mattia.

Cosa avete capito dell’alpinismo mettendo in scena lo spettacolo?

Mattia: Difficile dirlo. Sicuramente abbiamo incontrato l’alpinismo. Girando tra sedi Cai, rifugi, comuni d’alta quota, palestre di arrampicata, associazioni di montagna… abbiamo conosciuto e siamo entrati in dialogo con molte persone che la montagna la frequentano e la amano. Conoscere loro, scoprire e scambiare storie, ascoltarli… è stato senza dubbio conoscere un po’ di più questo mondo.

Jacopo: Per quanto mi riguarda ho capito che l’alpinismo è qualche cosa di più di un gesto tecnico. È più di un raggiungimento di una vetta, più di un record nuovo da conquistare a tutti i costi. In realtà, mentre scaliamo una montagna, stiamo scalando noi stessi.

Cos’è cambiato per voi?

Mattia: facendo lo spettacolo soprattutto fuori dai teatri abbiamo riscoperto il senso profondo di raccontare una storia. Il pubblico che ci vede fuori dai teatri è un pubblico sincero, libero dai preconcetti e dagli schemi del pubblico teatrale. Allora la cosa importante diventa essere lì, assieme e condividere una storia, un emozione, un sentimento. Come sempre dovrebbe essere il teatro.

Jacopo: In questi ultimi anni spesso ho sentito dire che il teatro è in crisi, questo spettacolo e soprattutto questa nostra operazione dimostra al contrario che il teatro in sé non è assolutamente in crisi, che il teatro è eterno, come dice un grande uomo di teatro Paolo Poli: “Finchè ci sarà una nonna a raccontare una storia a un nipote il teatro non morirà”. Questo cosa vuol dire? Che quello che è in crisi semmai è il sistema, il modo di fare il teatro. Noi abbiamo portato con questa storia il teatro in montagna, e di conseguenza la montagna è venuta a teatro. Ora le distanze sono molto più vicine.

Quest’anno avete recitato al Melloblocco, tra i boulderisti. Quali le sensazioni?

Mattia:
Fantastico. Non sapevamo come avrebbe reagito la comunità del Mello ed eravamo un po’ preoccupati. È stata una scommessa. Direi che la standing ovation finale ha dimostrato ampiamente che l’abbiamo vinta!

Jacopo: La standing ovation alla fine è stata una delle più belle e inaspettate da quando abbiamo cominciato a fare questo spettacolo.

Quali le differenze con il pubblico di alpinisti del Progetto Rifugi?

Mattia: beh i “melloblocchisti” sono una comunità forte e molto caratterizzata. Nel mio immaginario sono più simili agli skaters, writers, bikers… ci sono dei tratti comuni con chi frequenta i rifugi ma sostanzialmente nei rifugi trovi un po’ di tutto: dalla famiglia con bambini all’alpinista famoso. Al Mello invece eravamo di fronte ad una comunità ben definita, molto giovane e senza alcun carattere “borghese”. Una comunità meno “buonista” dunque, che non te la manda a dire se la cosa non la convince.

Jacopo: Il rapporto e la confidenza che si crea con il pubblico nei rifugi è qualche cosa di unico. Oltre allo spettacolo si condividono tavoli, bicchieri di vino, letti, stanze e la strada… Siamo lì, tutti, a raccontaci storie a condividere un luogo che è tutto tranne che quotidiano.

Due parole su di voi…

Mattia Fabris: mi sono diplomato alla civica scuola d’arte drammatica Paolo grassi. Nel 1996 ho fondato l’Associazione Teatrale Indipendente per la Ricerca A.T.I.R, con la quale lavoro all’interno di pressoché tutti gli spettacoli. La compagnia gestisce il Teatro Ringhiera di Milano. Parallelamente ho lavorato anche con registi esterni come Cristina Pezzoli, Gabriele Vacis, Bob Wilson in qualità d’attore. In qualità di regista dirige Chiara Stoppa nello spettacolo “il ritratto della salute” del quale è anche autore.

Jacopo Bicocchi: Mi sono diplomato alla scuola del Teatro Stabile di Genova con il quale inizialmente ho cominciato a lavorare, per poi passare in seguito al cinema e alla televisione. A teatro ho lavorato con Cristina Pezzoli e Fausto Paravidino, per il cinema con Giuseppe Piccioni, Renato De Maria, Daniele Vicari e Maria Sole Tognazzi. Per la televisione ultimamente ho collaborato con Pupi Avati. La svolta della mia carriera? Nel 2008 ho conosciuto Mattia … che è diventato subito “la mia cordata”.

Per informazioni sulla serata del 19/06/2014 al Rockspot di Pero (Milano):
http://www.rockspot.it/p2/home.php

(S)LEGATI – IL PROGETTO RIFUGI
http://youtu.be/H1a5yMyTtw8
Quando abbiamo incontrato la storia di Joe Simpson e Simon Yates eravamo a Bolzano. Una città circondata dai monti. Era inverno. Tutte le cime erano innevate. Un paradiso per due amanti della montagna. Immediatamente siamo stati stregati dalle vicende di questa incredibile impresa e altrettanto immediatamente è nato in noi un sogno: poter raccontare questa storia non solo nei teatri, ma anche e soprattutto, sui monti, sulle cime. E come? Nei rifugi. “Facciamo una tournée nei rifugi! – ci siamo detti – di giorno camminiamo, e la sera, arrivati al rifugio raccontiamo questa storia, il giorno dopo si riparte, si raggiunge un altro rifugio, si riposa e si racconta nuovamente la storia ad altri avventori”. Quale modo migliore per coniugare le nostre due passioni, il teatro (che è anche una professione per entrambe) e la montagna? E poi, quale luogo migliore, se non la natura selvaggia delle cime per raccontare questa stupefacente vicenda? E così ci siamo messi all’opera. E, durante l’agosto 2012, ha avuto luogo la prima tournée a piedi nei rifugi delle Alpi Orobie. L’operazione ha ottenuto la sponsorizzazione del marchio Montura e il sostegno economico e organizzativo del CAI di Bergamo, nonché il supporto logistico dei rifugisti coinvolti. Sul blog www.slegati.wordpress.com è possibile visualizzare e leggere un resoconto dell’esperienza fatto dagli attori e dal pubblico durante i 15 giorni della tournée.

(S)legati è una storia vera. È una storia di alpinismo estremo.
È una storia di sopravvivenza.
È la storia di un impresa. È la storia di un amicizia.
È la metafora di una storia d’amore.
È una storia d’amore: per la vita, per l’uomo, per la montagna.
È un monito di insegnamento per quando dobbiamo affrontare difficoltà che sembrano insormontabili.
È la storia di un impresa eroica, impossibile, sovrumana ma anche profondamente umana.
È una storia piena di ingredienti: gioia, dolore, coraggio, paura, coscienza, incoscienza, morte, vita: perfetta per il teatro.
È una storia così vera, ma così vera….da sembrare finta: perfetta per il teatro. Per l’arte tutta.
E questa è “solo” la storia…in teatro poi ci siamo noi: Mattia e Jacopo.
Che siamo amici. Tanto. A raccontarvela.

La storia della “Morte sospesa”
Siamo due amici.
Siamo due attori
E siamo due appassionati di montagna. Meglio: arrampicatori della domenica.
Circa tre anni fa ci siamo imbattuti nell’incredibile storia vera degli alpinisti Joe Simpson e Simon Yates.
E’ la storia di un sogno ambizioso, il loro: essere i primi al mondo a scalare il Siula Grande, attaccato dalla parete ovest.
Ma è anche la storia di un amicizia, e della corda che, durante quella terribile impresa, lega questi due giovani ragazzi.
La corda che mette la vita dell’uno nelle mani dell’altro. Come sempre avviene in montagna
C’è dunque una cima da raggiungere.
C’è la estenuante conquista della vetta.
C’è la gioia dell’impresa riuscita.
E infine, quando il peggio è passato, e la strada è ormai in discesa, c’è la vita, che fa lo sgambetto e c’è la morte, che strizza l’occhio: un terribile incidente in alta quota. Joe durante una banale manovra si rompe una gamba.
Da quel momento in poi, tutto cambia. L’impresa diventa riuscire a tornare vivi: a 5.800 metri, la minima frattura si può trasformare in una condanna a morte, i due ragazzi ne sono consapevoli, ma nonostante le condizioni disperate tentano un operazione di soccorso.
Tutto sembra funzionare finché, proprio quando le difficoltà paiono superate ecco che c’è un altro imprevisto, questa volta fatale: e c’è allora il gesto, quel gesto che nessun alpinista vorrebbe mai trovarsi obbligato a fare: Simon è costretto a tagliare la corda che lo lega al compagno. Un gesto che separa le loro sorti unite. Che ne (s)lega i destini per sempre.
Quell’atto estremo però, in questo caso miracoloso, salverà la vita a entrambi: tutti e due, riusciranno a tornare vivi al campo base. E a ritrovarsi insperatamente lì dopo 4 giorni.
E’ la storia di un miracolo. Di un avventura al di là dei limiti umani
Ed è al contempo una metafora: delle relazioni, tutte, e dei legami. La montagna diventa la metafora del momento in cui la relazione è portata al limite estremo, in cui la verità prende forma, ti mette alle strette e ti costringe a “tagliare”, a fare quel gesto che sempre ci appare così violento e terribile, ma che invece, a volte, è l’unico gesto necessario alla vita di entrambe.

La morte sospesa – il film

La morte sospesa – il libro

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Alexander Megos troppo forte per il Frankenjura…

In Frankenjura, Germania, il climber tedesco Alexander Megos ha ripetuto The Essential 9a, Black Label 9a, Matador 9a e The Man that follows hell 9a+.

Troppo forte per il Frankenjura. Sono questi i commenti che si sentono ultimamente riferiti al climber tedesco Alexander Megos e, per certi versi, questa considerazione non è così sbagliata. Infatti, dopo la veloce ripetizione di Action Directe in meno di due ore, negli ultimi giorni Megos ha salito il 9a Black Label in 1.5 ore, Matador 9a in 2.5 ore, The Essential 9a in 9 tentavi e in 3.5 ore e poi il 9a+ di The Man that follows hell 9a+ in 1.5 ore. Se continua con questo passo, prima o poi Megos non avrà più vie da ripetere nel Frankenjura…

Questa velocità lascia di stucco e fa pensare che sì, come avevamo scritto nel 2009, per un piccolo gruppo dell’élite mondiale il 9a comincia davvero a non essere più una barriera così difficile. Anche se Megos ci garantisce che per lui il 9a “non sarà mai qualcosa di standard, questo grado è e rimarrà qualcosa di speciale” è ovvio che è ormai qualcosa di ben consolidato.

L’altro aspetto della velocità di queste ripetizioni che ci fa riflettere sta proprio nel contrario, ovvero nel lungo tempo di cui c’è bisogno (e che di rado viene trovato) per aprire nuove vie ai massimi livelli. Le cinque settimane che Adam Ondra ha investito per liberare Change, le oltre 50 cadute dal passaggio chiave di Chris Sharma su First Round First Minute e, ancora, le oltre 8 settimane di tentativi richieste a Ondra per liberare La Dura Dura sono tutti esempi di quanto bisogna dare per fare qualcosa di assoluto, per creare questo quasi inconcepibile limite.

Viste le ultime strepitose performance di Megos, forse anche per questo fuoriclasse 20enne i tempi sono maturi per investire le sue ore non solo nelle rotpunkt di vie esistenti, ma in un grande nuovo progetto. Anche per dimostrare che, in fondo, forse non è ancora troppo forte per il Frankenjura!

15/09/2009 – I limiti dell’arrampicata: il 9a come riscaldamento?

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