Arrampicata in Valle dell’Orco: Il Diedro Atomico, da ‘Trad’ a ‘Trash’

Tra luglio e agosto 2009 Andrea Giorda, Stefano Therisod, Antonio Lovato hanno risistemato la Via del Diedro Atomico sulla Parete dell’Inflazione Strisciante in Valle dell’Orco. Andrea Giorda coglie l’occasione per un escursus storico e una riflessione per il futuro.

Non vi parlerò di una grande impresa o di un nuovo 9a del Bambino prodigio, ma di un tempo dove i B.O.T. (Buoni ordinari del tesoro) rendevano quasi il 20 % e un modesto impiegato, un Travet , con sacrifici riusciva ancora a farsi una famiglia e comprarsi una casa. Erano i tempi dell’ ”Inflazione strisciante”, perché se è vero che i Titoli rendevano tantissimo, subdolamente i prezzi e soprattutto il Debito pubblico lievitavano come bignè, all’oscuro del piccolo risparmiatore.
L’Inflazione strisciante è una parete della bassa valle dell’Orco, ai tempi l’idea di collegare i nomi all’attualità mi sembrava una moda delle balle, ma ripensando agli infinti zeri che hanno raggiunto i nostri attuali “Pagherò”, tutto sommato ora quei nomi scolpiti nella pietra, suonano come un monito inascoltato! Che dire poi della via… ”Via i Russi dall’Afghanistan!”, ci ricorda che gli Americani finanziavano e addestravano i Talebani al terrorismo per sconfiggere i Russi! Sì! Proprio quelli che poi gli hanno fatto saltare le Torri gemelle e che adesso se la ridono dai loro labirinti nei deserti asiatici… altro monito. Un vero e proprio libro di storia a cielo aperto. Potremmo continuare con gli usi e costumi…” La Cannabis” e perchè no, qualcuno, nei… ”Cavalieri perdenti” ,vedrà pure una premonizione per le prossime elezioni di Papi!

Ma torniamo agli anni ’70, nella seconda metà del decennio, i fratelli più grandi e a volte lo stesso Giampiero (Motti ndr), ci rivelavano sottovoce e con parsimonia i segreti ancora sconosciuti della Valle Dell’Orco. Enrico Camanni, inseparabile amico e baby redattore della Rivista della Montagna, aveva sempre notizie di prima mano e tirò fuori dal cappello la parete di Aimonin con segnata la Via dello spigolo su un foglietto.
Per noi tutto il resto era vergine, e quando vedemmo il grande Diedrone centrale ci buttammo a scalarlo, nella nostra enfasi adolescenziale ci vedevamo già tra i grandi!
Ci volle poco a scendere dal pero, la via era già stata salita da Roberto Bonis, un vero Tiramolla umano, secco secco, agilissimo, scalava come i Geometridi, quei bruchetti che salgono sulle foglie portando le ultime zampe della coda dietro alla testa, facendo un anello con il corpo. Ora Bonis fa la guida a Bardonecchia.

La delusione ammazza o dà la carica, e pochi mesi dopo ciondolando per quell’enorme Bside* che era per noi la Valle, vidi sulla parete che verrà poi chiamata dell’ Inflazione strisciante un altro diedro, bellissimo, rosso fuoco. Peccato che per arrivarci ci volesse il machete e il supplizio di San Sebastiano… Con un ragazzo fortissimo di Trieste raggiungemmo la cengia per rovi, il Diedro era splendido, una fiammata nel cielo, ma ai tempi c’erano ancora vie come il Nautilus da aprire, capimmo che la gloria non sarebbe arrivata neanche quel giorno, quella scarpinata nella jungla avrebbe scoraggiato il più volenteroso dei ripetitori. La nota di colore, è che salii il diedro con i soliti scarponcini rigidi con carrarmato in Vibram (sostenevo da becero che si sarebbero incastrati perfettamente nel fessurone), il mio amico fece lo stesso con delle scarpacce da ginnastica. Le EB super gratton le avevamo nello zaino tutti e due ! Io ero condizionato dai vecchi “alponi”, non mi fidavo ancora troppo di quelle paperine lisce e il mio amico sosteneva che le sue scarpacce erano insuperabili, due veri grutuluti (grezzi in italiano) altro che californiani! Si tenga in conto che alla prestigiosa Scuola Gervasutti chi veniva beccato a scalare in montagna con le Varappe (pedule lisce), era cacciato con giusta causa! Le scarpette si tolleravano in palestra, ma erano ancora attrezzi del diavolo, da Beat scappati di casa.
Tornai pochi mesi dopo con Pietro Crivellaro a scalare il diedro subito accanto, quello Minore, ma la prima impressione fu confermata. Nel stesso periodo anche Gabriele Beuchod, assiduo e forte frequentatore della valle, quello dell’Orecchio del pachiderma al Caporal per capirci, aveva visitato la parete con Claudio Bernardi. Gabriele e Claudio: salirono la via del Cobra che terminava nello stesso grande diedro. In verità tutti gli itinerari caddero giustamente nell’oblio, salvo qualche visita di local.

Nel 2000, la parete viene riscoperta con un impegnativo itinerario sulle placche che fanno da scudo, e si provvede anche alla chiodatura a spit dell’antico diedro.
In questi giorni, a distanza di trent’anni, spinto anche dalla richiesta di Maurizio Oviglia che ormai è giunto alla soglia della terza guida della Valle (e non so se arrivo alla quarta…) ho ripercorso il diedro, che all’ora definii Atomico, un aggettivo ora buffo e in disuso. Anche di una ragazza formosa si diceva che era una Bomba…Insomma, allora la Guerra fredda con i suoi ordigni nucleari affascinava e terrorizzava allo stesso tempo, dominado le nostre fantasie.

Povero Diedro Atomico, ora è imballato di spit! Non mi vedo nei panni del vecchio trombone né tantomeno mi sento di giudicare, è nella natura che i tabù dei padri vengano infranti. Il Nuovo Mattino non era forse quello? Ma forse, ed è il motivo per cui scrivo queste righe, è giusto che chi ha più storia ponga il tema e faccia riflettere serenamente, se la chiodatura indiscriminata sia la strada che porta al massimo beneficio. Con due amici giovani e volenterosi Stefano Therisod e Antonio Lovato abbiamo anche trovato e aperto un accesso comodissimo, che abbiamo attrezzato a spit non avendo senso far portare i friend per i soli tiri iniziali. Così combinata, la via del Diedro Atomico sono sicuro diventerà una delle vie plaisir più ripetute della Valle. Ma quale occasione perduta… con gli attuali friend, che non avevamo ai tempi, potrebbe essere una perfetta via di scuola da salire in piena sicurezza con protezioni veloci.
Ricordo che negli anni ’70 inseguivamo il Clean Climbing, cercando di salire solo con i nut. Com’è che si è arrivati alla fine del secolo scorso, non solo ad aprire vie dal numero di spit imbarazzante (e passi) ma a “mettere in sicurezza” passaggi storici? Come il Rivero o la Gervasutti in Sbarua… e potremmo riempire una pagina di esempi.

Già, “Mettere in sicurezza”, ecco la frase fatidica che esorcizza una pratica che ha sempre contemplato il rischio, non solo di morire ma anche solo di non riuscire a salire. Che opportunità ha un ragazzo che inizia ad arrampicare ora di allenarsi emotivamente ad una scalata che richieda doti interiori oltre che fisiche? Certo ci siamo impigriti tutti e alzi la mano chi non sceglie a volte le vie perché attrezzate. E’ vero che ci si impegna poco, ma anche l’emozione spesso è commisurata. Eppure non tutto è perduto, mi sbaglierò ma c’è un vento nuovo, diciamo una piccola brezza. Sempre più spesso si sente parlare di Trad, di scalate anche estreme con protezioni veloci. C’è una nuova volontà di misurasi e di capire il mondo emotivo dell’arrampicata. Non solo più i vecchi, ma molti giovani chiedono di lasciare spazio alla scalata non attrezzata. Anche alla scuola Gervasutti (dove ormai da veri depravati usiamo le scarpette!) alcuni allievi chiedono di imparare a mettere le protezioni e di fare vie senza spit.
Le vecchie vie a chiodi nel Vallone di Sea, la stessa Sturm und Drang sul Valsoera invece di morire, vengono consigliate sui siti da una nicchia di nuovi scalatori esaltando il fascino dell’incertezza. Cosa c’è di nuovo? Che si cerca di arrampicare in libera dove c’era il passo in artificiale! Volete mettere anche solo un 6a o un 6b su friend e nut? Ma ormai il diedro Atomico è in catene, come un King Kong ferito, uno dei più bei tiri della Valle pronto ad essere assalito e violato senza emozione, come un amore rubato.
Per il futuro, non appelliamoci a giustizieri schiodatori (il rimedio è peggio del danno), almeno si accetti, su vecchi e nuovi itinerari, il compromesso di non chiodare le fessure, come attualmente fanno quasi tutti gli apritori di buon senso.

Andrea Giorda Caai

*Bside-palestra torinese indoor alla moda

>> vai alla scheda della Via del Diedro Atomico

Simone Pedeferri e Quello che non c’è 8c+ in Val Masino

Simone Pedeferri ha liberato “Quello che non c’è” 8c+, sul Sasso Remenno in Val Masino.

Simone Pedeferri ha liberato Quello che non c’è 8c+, sul Sasso Remenno in Val Masino. La via è un prolungamento di "Luce di speranza" 7a+ ed è, assieme a "Vecchio Cane stringi i denti" sul Sasso di Sega Lombarda, uno dei tiri più difficili della valle.

Simone è uno dei più forti e polivalenti climber italiani e quando non è impegnato nella tracciatura dei boulder del Melloblocco, si dedica all’arrampicata in tutto il mondo assieme al Gruppo Ragni di Lecco al quale appartiene.

Quello che non c’è
di Simone Pedeferri

Ho in mente la foto di pura gioia di un bambino che raggiunge la sosta di una nuova via. Ottobre 2009, giornata umida e piovosa, dal mio lettore cd escono le note di "Quello che non c’è" degli AFTER HOURS, i miei occhi osservano il Sasso Remenno che lentamente si bagna, sotto la parete nord l’acqua non scorre e io come un bambino con la sua pistola cerco gli appigli per salire un muro di 50 metri perchè come dice la canzone "a volte quello che sembra alba non è".

Tre giorni dopo torno con il trapano dal basso, continuo dalla sosta di "Luce di speranza", proseguo verso l’immaginario e comincio a cercare quello che non c’è con il mio amico Sergey, ma l’inverno arriva presto e la magnesite sulla via viene sostituita dalle candele di ghiaccio che colano dalla cima, me ne vado per altre pareti più calde poi finita la preparazione del Melloblocco 2010 e dopo essermi ripreso da un infortunio posso riprendere ad usare corda e imbrago, con Sergey chiodo e libero "Mirò" 8c e "Giuda è buono" 8b/c

Poi… "quando le foglie cominciano ad essere Forti anche io mi sento Forte… e come un bambino con la sua pistola che spara diritto davanti a sé"… io ho sparato tutto per arrivare in catena a "Quello che non c’è".

Buon divertimento ai ripetitori.
Simone

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Vetan Classic 2010, snowboard alpinismo in Valle d’Aosta

Il report del Vetan Classic 2010, valevole come della prima tappa della Coppa Italia di Snowboard Alpinismo, di Giacomo Barberis.

Il 07/02/2010 si è tenuta a Vetan in Valle d’Aosta la prima tappa della Coppa Italia di Snowboard Alpinismo, anche conosciuto come Backcountry. Una gara vinta da Cesare Pisoni e Jenny Ferrod, ma soprattutto, da quello che ci racconta Giacomo Barberis nl suo report, un raduno importante pe gli appassionati dello "snow".

Vetan Classic 2010 di Giacomo "Giamo" Barberis
"Un altro "Vetanclassic", e sono otto…non li ho visti tutti, ma da quando sono venuto la prima volta nel 2005, non sono più mancato. Vetan è il nome di una piccola località a 1780 metri, sopra la Saint Pierre in Val D’Aosta, un balcone davanti alla Grivola che spazia su tutto il versante sud della valle, dal suo principio fino al massiccio del Rutor.

Formalmente il VetanClassic è una delle quattro tappe del campionato italiano di "Backcountry" (o Snowboardalpinismo che dir si voglia), ma i partecipanti che siano venuti almeno una volta a questa gara/raduno la chiamano semplicemente "Il Vetan".

L’evento principale è la gara della Domenica, che porta i partecipanti a salire verso la cima della punta Leysser mille metri di dislivello più su. Si utilizzano ciaspole oppure sci corti, e lo snowboard in spalla pronto ad essere sfoderato in cima, per farsi perdonare del suo peso e portarti giù al traguardo.

Concettualmente non è niente di molto diverso dallo scialpinismo, certamente lo "snò" è un mezzo meno efficiente per muoversi in montagna e, mentre alcuni motivi sono facilmente intuibili, altri li si scopre con la pratica. Nonostante questi piccoli handicap ogni anno siamo sempre di più, a dimostrazione che ciò che anima gli adepti di questo modo di cavalcare la neve è qualcosa di diverso dal solo raggiungimento di un obbiettivo, che sia una cima o un tempo sul cronometro…. Perchè prima di tutto scendere con uno snowboard è un divertimento assoluto: la neve fresca è il suo ambiente naturale e l’atto creativo di tracciare una linea su di essa va oltre il solo zig-zag, ma è più simile alla piega di una moto, la quale si sa, problemi di traffico a parte, non è proprio il mezzo più comodo con cui spostarsi, ma in quei soggetti dotati del cromosoma adatto risveglia qualcosa di sopito che rende felici come bambini nel viaggiarci sopra.

A Vetan ci si ritrova anche per confrontare le proprie esperienze con gli snowboarder provenienti dalle montagne di ogni dialetto e, immancabilmente, capita di trovare qualcuno che ti da il consiglio utile a farti fare un po’ meno fatica. Il backcountry è uno sport giovane dove c’è ancora tantissimo da scoprire e sperimentare (dai materiali alle tecniche) e ognuno può metterci davvero del suo in maniera molto stimolante. Proprio questa evoluzione ha portato la splitboard a fare qui la sua comparsa in veste ufficiale, ma andiamo con ordine..

Fondamentalmente l’evento si svolge in più giorni, raggiungendo l’apice nella gara, ma Vetan è molto di più. Per chi vuole il raduno inizia prima, dal sabato o addirittura dal venerdì; l’albergo "Notre Maison", che fa da epicentro a tutte le attività, invita i partecipanti a conoscersi già dai pasti dove, fra un bicchiere di rosso e un piatto tipico valdostano, la lingua si scioglie e capisci subito che l’ambiente non ha nulla di esasperatamente competitivo.

Il sabato mattina è solitamente dedicato ad un sopraluogo in gruppo del tracciato di gara, generalmente effettuata fino ad un punto da cui è possibile prendere visione fino alla cima e poi giù tutti a pranzare. Il pomeriggio del sabato, in collaborazione con Ortovox e il soccorso alpino, presentazione di mezzi e tecniche del soccorso in valanga, con ausilio di audiovisivi e domande aperte dei partecipanti. Questo è forse il momento da affrontare con più attenzione: certo molti di noi sono già alpinisti e alcuni anche molto esperti, ma per altri, magari appena usciti dalle piste alla ricerca del "qualcosa di più", è un’occasione importantissima per farsi un’idea dei rischi e delle precauzioni fondamentali da prendere in montagna. In ogni caso anche per i più esperti è sempre utile un ripasso, che termina poi per tutti con la dimostrazione pratica di ricerca ARVA.

Pomeriggio e sera sono dedicati alla socializzazione e per chi vuole è ormai tradizione la presenza degli osteopati dell’università di Lione, a disposizione per trattamenti e massaggi specializzati! Dopo cena la dependance dell’albergo (un rustico bellissimo con bar all’interno) si popola e difficilmente si svuota prima delle quattro di notte.

La domenica mattina è il momento della gara, non si pensi però che giunti a questo punto sia tutto solo scherzi e pacche sulle spalle, perchè c’è una buona fetta di concorrenti veramente agguerriti ed è molto bello vederli onorare anche la competizione, confermando che è possibile in un clima sereno e divertente integrare anche questa componente. Inoltre il livello è tale da dover essere veri e propri atleti per sperare in un podio, basti dire che i primi portano a termine il percorso di 1000 metri in poco più di un’ora!

Stando sulla cima puoi vederli sfilare dal primo all’ultimo: snowboarder di tutti i livelli, da quelli che si contendono la vittoria a quelli che cercano solo di stare davanti al socio abituale per potersi allegramente sfottere, fino a qualcuno che si mette tranquillamente a fare foto sulla cima! Tra l’altro la vista dai 2771 metri della Leysser è fantastica: verso nord ovest appare il Monte Bianco, che da qui espone il suo versante più spettacolare, con il Freney e il grand Pillier a rosseggiare in mezzo a neve e ghiaccio! Purtroppo questo spettacolo è un po’ interdetto, almeno in questa occasione, a coloro che in affanno eseguono velocemente le manovre di cambio per mettere lo snowboard ai piedi ed andare a fermare il cronometro.

Quest’anno il meteo ci ha regalato una giornata spettacolare per la gara, priva di vento e con abbondanza di materia prima (la powder!), che ha permesso percorrenze anche in discesa veramente notevoli! Con l’assenza di Marco Galliano dalla competizione (vincitore nel 2009 e reduce dalla prima discesa italiana in snowboard del Cho Oyu), la corsa al primo posto è stata a due fra Giancarlo Costa e Cesare Pisoni, con quest’ultimo a spuntarla davanti a tutti con il tempo di 1.06.49:290, mentre fra le donne il miglior tempo assoluto spetta a Jenny Ferrod con 1.42.53:040 all’arrivo.

Con l’avvento di nuovi mezzi di progressione è stata necessaria la divisione in più categorie per stilare le classifiche e, come già accennato, la splitboard ha fatto la sua comparsa ufficiale al fianco delle ormai storiche ciaspole. Per chi non lo sapesse la splitboard è forse la più grossa rivoluzione in materia di snowboardalpinismo: si tratta di una tavola divisibile in due sezioni speculari lungo l’asse longitudinale, a queste si applicano le pelli di foca, diventando in salita qualcosa di molto simile ad un paio di sci d’alpinismo classici. Queste due parti vengono poi ricomposte al momento della discesa a formare ancora un pezzo unico, che si comporta a questo punto come un normalissimo snowboard da discesa.

Questa evoluzione fa ben sperare che nel futuro il divario fra snowalpinisti e scialpinisti si riduca sensibilmente, in quanto ad oggi uno snowboarder che voglia fare una gita con un amico sciatore deve mettere in conto uno sforzo di gran lunga maggiore! Sarà così possibile anche una migliore convivenza con coloro che sono poco tolleranti verso i "buchi" delle ciaspole lungo traccia.

A tutti gli amanti di questa disciplina interessa disfarsi dell’etichetta, affibbiata allo snowboarder già dalla sua comparsa sulle piste, di essere pericoloso e poco responsabile. L’unico modo per abolire un pregiudizio, però, è la dimostrazione pratica sul campo! Per questo a Vetan si cerca di trasmettere a tutti i fondamentali valori di sicurezza e conoscenza dell’ambiente montano, oltre a sottolineare la necessità di portare sempre con sé e di saper usare il kit formato da Arva, Pala e Sonda. Coerente a tale principio l’organizzazione fornisce kit completi, in prestito, a tutti coloro che pur sprovvisti intendono partecipare al raduno.

In conclusione sarebbe doveroso citare tutti coloro che da anni si adoperano volontariamente in nome di questa passione, per rendere possibile l’evento e per mantenerne inalterato lo spirito aggregante e allegro. Non potendo citarli tutti, ringrazio e faccio i complimenti a Stefano Fontanelle (il Fonta), artefice principale della manifestazione che con tutto lo Sci Club Vetan si impegnano su tutti i fronti organizzativi, e il responsabile del tracciato Andrea Fiocchi (Andrexx).

L’augurio che ci facciamo è che sia venuta voglia a molti di partecipare, purtroppo al prossimo VetanClassic manca poco meno di un anno! Ma a breve ci sono le altre due tappe del campionato, delle quali si possono trovare tutte le informazioni dal sito della FSI.

Per coloro che invece non conoscevano questa disciplina, spero sia stata una lettura interessante che abbia aiutato a ridurre un po’ della diffidenza che da anni circonda lo snowboard, soprattutto in un periodo di criminalizzazione mediatica, la quale non è mai utile ad un accrescimento collettivo.

Buon inverno a tutti e a rivederci l’anno prossimo!"

Giacomo "Giamo" Barberis

Res-Max, prima discesa con gli sci nel gruppo Adamello – Presanella

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Il 11/03/2011 Giuliano Bordoni , Bruno Compagnet, Minna Riihamaki e Oli Herrer hanno effetuato la prima discsa del canale posto tra Canale del Dito e il Canale Pericle-Sacchi nel Gruppo del Adamello – Presanella.

Segnaliamo l’interessante prima discesa con gli sci del couloir posto tra il Canale del Dito e il Canale Pericle-Sacchi nel gruppo Adamello-Presanella, da parte di Giuliano Bordoni assieme ad una delle leggende viventi del freeride Bruno Compagnet, Minna Riihamaki e Oli Herrer il 11 marzo 2011.

Il canale era già stato salito in precedenza da Tone Moles ma mai sceso con gli sci, ed in accordo con l’apritore gli sciatori hanno deciso di chiamare il canale “Res-Max”, in memoria di Maximine Belleville e Res Baehler, due guide alpine e grandi amici recentemente scomparsi. Di seguito il report di Giuliano Bordoni, 29enne Guida Alpina, che reputa la discesa 60° 5.3 AD E4.

RES-MAX, PRIMA DISCESA NEL GRUPPO ADAMELLO-PRESANELLA
di Giuliano Bordoni

Tra il canale del Dito e il Canale Pericle-Sacchi, ne serpeggia un’altro che sfocia su una barra rocciosa di un centinaio di metri. Salita anni addietro dalla guida alpina Tone Moles, e forse ancor prima, dagli alpini nel periodo della Grande Guerra, non porta nome. Da tempo quella linea è stata mia compagna di sogni in notti stellate. Da tempo accarezzavo l’idea di provare a scederla con gli sci. Una linea elegante, che sinuosa sfiora il granito del gruppo Adamello-Presanella.

Dopo inverni di corteggiamento, ecco finalmente arrivare il momento giusto per provarlo. Sono in compagnia di un mio grande idolo e amico: Bruno Compagnet. Con noi anche Minna Riihimaki e Oli Herrer. Reduci tutti e quattro di una vacanza sciistica attraverso le Dolomiti, decidiamo di andare a metter le nostre lamine e anime dentro quel mio tanto agognato canale.

Eccoci così a salire per la traccia che porta al Dito e da qui traversando in direzione dell’ingresso del Pericle. Andiamo a rimontare le ultime centinai di metri che ci separano dall’ingresso della nostra discesa. Gli occhi di Bruno brillano tanto quanto i miei alla vista di quello che ci si presenta. I nostri due amici sono galvanizzati, nonostante, quello che andremmo ad affrontare di lì a poco, che va al di là di una semplice sciata.

Bruno entra per primo a bonificare, segue Minna e Oli che assicurati in maniera old school (assicurazione a spalla) percorro i primi metri di pendio a 60°. Rifaccio la corda e dopo averla posata nello zaino inizio anche io la discesa. Lo zaino è pesante ma non abbastanza da aver cose superflue..anzi.. purtroppo! Raggiungo gli altri, lascio una corda a Bruno e senza dire una parola ma solo con grandi scambi di sorrisi procedo a inanellare curve saltate. A turno io e Bruno aprimo il meraviglioso canale.

Siamo a metà, la mia gioia che raggiunge picchi altissimi sfocia in un groppo in gola. Ci guardiamo e ridiamo! Come bambini con il loro giocattolo preferito. Tutto il mondo attorno ora non esiste più. Altre curve saltate, ma ahimè anche lo zaino decide di saltare e di aprirsi. Così la sacca che contiene il kevlar da 60 metri, destinato per il recupero della corda, decide di non rimaner indietro e saltar fuori anche lui! Ciò non è bello! Vabbè si vedrà il da farsi a tempo debito, anche se ora la mia gioia è andata un pò a nascondersi per lasciare posto a un pò di preoccupazione.

Il canale sta per volgere al termine. E’ ora di allestire la prima doppia. Estraggo il trapano e inizio a fare il primo foro. Il rumore dell’unica batteria non è molto confortante. Il freddo gioca sempre brutti scherzi. Inizio infatti a temere che più di quattro fori non farà. Mannaggia abbiamo solo una corda da 60 metri. Procediamo alla sosta successiva. Qui devo fare due buchi. Un’altra calata e mi trovo con i capi delle corde in mano quando sono in mezzo a un camino roccioso, e tutto quello che scende dall’imbocco del canale passa solo da questo misero e stretto punto. Ho due spit e forse batteria ancora per un buco e mezzo. Mi guardo attorno, scavo un po’ di neve e magicamente trovo uno spuntone sulla mia destra. Proprio nel punto esatto al momento esatto! Che fortuna! Faccio passare una fettuccia e attendo Minna che mi raggiunge con uno spezzone di corda. Grazie a questa ci allontaniamo dal punto pericoloso verso una cengia nevosa dove aspettiamo gli altri.

Con il trapano in mano foro il duro granito, la batteria si addormenta quando non ho raggiunto nemmeno due centimetri di foro. Parlo delicatamente e amorevolmente a questa, mentre accarezzandola la riscaldo. E’ così: con le buone si ottiene tutto e finalmente dopo venti minuti il foro è abbastanza profondo per ospitare lo spit.

La fine del salto di roccia non si vede, devo abbasarmi di altri 10 metri e sporgermi un poco per sapere quanto manca. Fisso la corda, sperando che basti in fondo. Minna e Bruno sono ottimisti. Mi calo di quei metri che mi separano dalla conoscenza, mi sporgo e… con mia grande gioia vedo la corda toccare terra. Mi giro verso i miei amici che ansiosi attendono un segno. Li guardo per qualche interminabile secondo con il volto che non tradisce una minima emozione prima di gridare: “yeahhhhhh rock and roll!”

Amiamo la montagna, la nostra passione ci spinge senza motivi comprensibili ai più, a combattere il freddo, a sfidare le nostre barriere psicologiche e fisiche. A far fatica. Ma è la passione che ci spinge, è l’amore verso qualcosa di inspiegabile. Esser guida alpina è voler trasmettere questa passione. E’ voler donare la gioia che ci fa sentire vivi agli altri.

Noi guide, come chiunque alpinista, siamo ben consci dei pericoli che ogni giorno dobbiamo affrontare, ma non per questo smettiamo di amare le nostre montagne, anche quando queste, ci portano vie grandi uomini. Uomini che hanno fatto della loro passione strumento di condivisione a chi ruota attorno a loro. Uomini che l’energia e la gioia nel vagar per monti arde tanto focosamente da esser fari che indicano la via. Res Baehler e Maxime Belleville erano due di loro. Erano due guide alpine, erano due grandi uomini. Erano nostri amici e nostri ispiratori. Le loro scie tracciate sono dentro le nostre più care e preziose memorie e lì gelose le custodiremo. Questa discesa è dedicata a loro.

In accordo con Tone Moles questo sarà il Canale Res-Max 60° 5.3 AD E4

Amazon river permanent source of inspiration for Chinese writer, Nobel Laureate

For Nobel literature prize winner Mo Yan, rivers represent something of a lifelong obsession

The Amazon River, which flows through Peru, Colombia and Brazil, has been a permanent source of inspiration for China’s Nobel literature prize winner Mo Yan.

The river is present throughout his work, Mo Yan said recently in a speech at a conference hosted by the Diego Portales University here in Santiago, with the theme of “Rivers and my literature”.

As a child, Mo Yan thought the stream that ran behind his home in China was the biggest in the world, till he was older to realize it was actually a “minor” river even in China.

“When I did military service I saw many rivers and I realized that mine was truly insignificant,” said the author, who became a Nobel laureate in 2012.

The realization led him read about other rivers, like the Amazon, the world’s largest by volume.

Many years later, Mo Yan was invited to Brazil for the 2014 FIFA World Cup Final between Germany and Argentina. He said he accepted, though his ultimate goal was to see the Amazon, the river with the largest drainage basin in the world, covering an area of more than 7 million square kilometers.

“The day after (the match) I traveled to Manaus and spent a week on a cruise along the Amazon,” said the author of Red Sorghum and numerous other books.

“From the plane, I could see the panoramic view of the river. I had seen several large rivers before, but none can compare with the Amazon in its greatness, beauty and vitality,” he recalled.

On the river cruise, he was fascinated by the way the river branched off, which looked like the “blood vessels of the earth”, representing life and serving as a literary source, he said.

Mo Yan’s vast knowledge of and admiration for Latin American literature was spotlighted at the conference. Argentine author Jorge Luis Borges, Chilean poet Pablo Neruda and Colombian novelist Gabriel Garcia Marquez all “influenced” his writing, Mo Yan said.

He confessed that he kept a story that was “very similar” to one by Garcia Marquez, who won the Nobel Prize in 1982, because “we cannot” write better than the Colombia-born author.

Garcia Marquez’s One Hundred Years of Solitude, his most important book and a Latin American classic, has served as a model, said Mo Yan.

“A lot of stories take place on ships and are a source for literature,” he said, citing Garcia Marquez’s Love in the Time of Cholera, a romance that develops on a river.

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Neymar excluded once again from PSG squad as Barcelona & Real Madrid rumours continue

The Brazilian’s future at Parc des Princes remains shrouded in mystery as Barcelona and Real Madrid continue to push for his signing

Neymar has once more been overlooked by Paris Saint-Germain coach Thomas Tuchel, who left the Brazilian out of his squad to face Toulouse on Sunday. 

The Brazilian forward is yet to appear for his club in the 2019-20 season, after incurring an injury prior to the Copa America and reporting back late for pre-season training in July. 

PSG have played twice in their defence of the Ligue 1 title, beating Nimes 3-0 before suffering a shock defeat at the hands of Rennes. 

And, as they return to Parc des Princes for their latest clash, the champions will again have to take the field without the world’s most expensive player. 

Neymar was not included amongst the 19 players Tuchel called up to take on Toulouse , with his name listed in PSG’s ‘absent’ group with the likes of Ander Herrera, Julian Draxler and Thilo Kehrer, who are recovering from injuries. 

With just over a week to go before the transfer window closes in Europe the coach is not willing to disrupt his side by calling up the forward, who remains in the middle of a tug of war between Real Madrid and Barcelona while PSG hold out for a deal that reflects their valuation of his services. 

“Neymar can play if the situation between him and the club is clear tomorrow,” Tuchel told a press conference on Saturday.

“He is ready to play, but today the situation is not clear, maybe it will be tomorrow.

“The Neymar situation is unsettling, it helps nobody.

“Everyone is used to this sort of situation surrounding Neymar. The same thing happened when he was injured. It is normal with the biggest stars.”

Real Madrid coach Zinedine Zidane also alluded to the stand-off with Neymar, who has made no secret of his wish to leave Parc des Princes this summer after two years at PSG. 

“I’m working with the players I have at my disposal and we have a game on Saturday,” Zidane said ahead of his side’s 1-1 draw with Valladolid.

“Anything can happen until September 2, when the transfer window closes.

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“Some might come, some might leave. I want September 2 to come as soon as possible so there will be no more questions.

“I am looking ahead to Saturday’s game, that’s what I’m concerned about right now.”

Filipe Luis claims he rejected Man City & Dortmund moves before joining Flamengo

The veteran Brazil left-back was a wanted man after his contract at Atletico Madrid ended, and he could have returned to the Premier League

Filipe Luis claims he had the chance to join Manchester City, Borussia Dortmund or Paris Saint-Germain this year before opting to return home to Brazil with Flamengo.

The veteran left-back brought his nine-year association with Atletico Madrid – via a year away at Chelsea – to an end this summer when his contract expired.

With league titles in Spain and England, two Europa Leagues and two Champions League finals to his name, the Brazil international was a wanted man at some of Europe’s biggest clubs.

“From January until March I had an offer from Manchester City, but it didn’t work out,” Luis told Globo Esporte .

“There was a call from Juninho Pernambucano to go to Lyon, but I said I could only give an answer after the Copa America and they ended up signing someone else.

“There was Turkey, China, a number of countries that called, but none of them felt right in my heart at the time.”

Manchester City eventually signed Angelino back from PSV to provide competition and support at left-back, while Lyon brought in Youssouf Kone to replace Real Madrid-bound Ferland Mendy.

Luis, 34, says he was at one point close to joining PSG, and that he seriously considered another offer from Bundesliga title contenders Dortmund.

“I had a contract with Atletico and an absurd offer came in [from PSG], one that I couldn’t refuse,” he said.

“I went to Atletico and said ‘if you let me leave, I’d appreciate it’, especially because Gabi had just left. But they said no, it was impossible for me to leave because they would have to sign another left-back and there wasn’t enough time for that.

“I didn’t want to fight with Atletico, though, and in the end it didn’t go ahead, but the offer was there and I was close.

“In the end I had three or four proposals to consider, and then you have to choose. But I see that one club calls me, then the director of another one… it’s a long list. There’s this club but it can’t afford my wages, then another one but it doesn’t want to be champion, so bye!

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“So, a lot of things were happening and in the end I closed some important doors, like Borussia. It was a very good offer, but I didn’t feel it in my heart. Even though I had the same thing with the fans (a good relationship with Flamengo’s), I didn’t feel that passion to say, ‘I want to go to Borussia’.”

James doesn't dive, says Solskjaer after Man Utd winger is booked for simulation twice in a week

The Wales youngster saw yellow against Wolves and Crystal Palace, and his manager is concerned that he is getting an undeserved reputation

Daniel James does not dive, according to Ole Gunnar Solskjaer, after the Manchester United winger was booked for simulation for the second time in five days.

The 21-year-old saw yellow in United’s 2-1 defeat at home to Crystal Palace on Saturday, less than a week after being booked for the same offence in the 1-1 draw at Wolves.

The results have seen United’s promising start to the Premier League season fade away but Solskjaer has not seen any reason for concern from James. The 21-year-old scored what had looked to be a match-saving goal late on against Palace, only for Patrick van Aanholt to win it in stoppage time.

“I am 100 per cent sure there was contact between Dan James and their player,” said Solskjaer after the game.

“Now he’s got two yellow cards, when there was contact with him and it’s twice when I have to say it’s been very unfair and unlucky. Both yellow cards should not have stood.”

Solskjaer is aware that two cards inside a week will have raised eyebrows among rival fans and, perhaps more pertinently, among referees.

But the Norwegian is insistent that James’ tumbles are simply a result of his searing pace, rather than any desire to cheat.

”Do I think he will get a reputation? Yes, I do,” he added. “That’s why I raise it here.

“He is not that type of player. He keeps running that quickly and, if you look at the video, there was contact, both today and in the Wolves game.

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”He is such an honest boy. He gets up, runs and takes people on. Sometimes, he gets kicked and sometimes, with that pace, a little touch or nudge will be enough for him to fall.“

James has had a good start to life at Manchester United, appearing in all three Premier League games so far and scoring in two of them.

His tidy finish sealed the 4-0 opening-day thrashing of Chelsea, before curling into the top corner against Palace on Saturday, though he was heartbroken as his second goal counted for nothing.

With one game left until the first international break of the season, United will be looking to get back on track next weekend with a trip to Southampton. Ralph Hasenhuttl’s side got their first points of the season in a 2-0 win at Brighton on Saturday.

Man City star Sterling deserves all praise for desire to improve, says Guardiola

The wide-man has started the season in superb form for the Premier League champions, and his coach thinks his improvement is due to his desire

Pep Guardiola appreciates Raheem Sterling’s willingness to listen but insists the Manchester City star’s development into a world-class player is entirely of his own making. 

England international Sterling has blossomed into one of the Premier League’s most dangerous attackers under Guardiola’s stewardship. 

The former Liverpool winger scored 18 and 17 goals in successive title-winning campaigns and boasts four in two appearances this term, including a hat-trick against West Ham on the opening weekend. 

Guardiola believes it will be tough for Sterling to beat out-and-out strikers to the Golden Boot but praised his appetite for improvement. 

“I think he’s a better player, like I said last season. It’s all [to] his credit, his desire to be better,” Guardiola said. 

“I think every player is good when they understand what we want to do as a group… he’s a guy who is incredibly receptive when we have our talks, when Mikel [Arteta, City first-team coach] speaks with him or myself. 

“It’s nice, when they don’t get that feeling like ‘oh, always pushing me or criticising me’. 

“He’s open. From day one since we arrived. That’s why he’s becoming an incredible, exceptional player. 

“After that his physicality [is excellent], he plays every three days and no injuries. He runs a lot and his genetics are so strong. It’s good.” 

Sterling’s fast start to the season sees him in second place in the fledgling Golden Boot race behind Norwich City’s Teemu Pukki. 

Some pundits are tipping him to lead the scoring charts at the end of the season, but Guardiola thinks that will be tough, despite his acknowledgement of Sterling’s abilities to sniff out opportunities to score from his wide berth. 

“Normally for a winger to score goals and be top scorer, it is not easy because they play further away from the goal,” the ex-Barcelona and Bayern boss added. 

“He has an incredible sense of arriving in the box and scoring when the ball is on the other side. He is fantastic at that.

“When he plays more central all his movement is towards the goal and for a winger that is incredible.

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“Some players play well but they forget the ball is there.

“He always has the sense of where the ball will be and will attack there because if it arrives, he will score a goal.”

Lewandowski even better than on TV, says Bayern new boy Coutinho

The Bundesliga champions’ new signing spoke of his admiration for the striker after a hat-trick against Schalke took his tally to five in two games

Bayern Munch new boy Philippe Coutinho has said his team-mate Robert Lewandowski is even more impressive in person than on television.

Lewandowski scored a hat-trick in the Bavarian club’s win over Schalke on Saturday, following on from a double in their first game, which was a disappointing 2-2 draw with Hertha Berlin.

Five goals in his first two games is a record for the prolific Poland international forward, and no player has scored so many in the first two matches of a Bundesliga season since Roy Makaay, also for Bayern, in 2005-06.

Coutinho, who completed a loan move to Bayern this week after a disappointing spell in Barcelona, came on as a 57th minute substitute and was on the field as Lewandowski completed his treble.

“He’s incredible, just world-class,” the Brazil international told reporters after his debut.

“It’s incredible, the way he trains. I’ve been here a week and watching him up close he’s so much better than you think on TV.

“He had a great game today, a great hat-trick and he deserves it.”

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The treble was the ninth of the Poland international’s Bundesliga career, and his torrid start to the season does not look like letting up.

Bayern’s next opponents are Mainz and the 31-year-old Lewandowski has 14 goals in 14 appearances against them.

The defending Bundesliga champions, who have won seven titles in a row, needed the win as they are expected to be pushed hard by Borussia Dortmund this year.

Their surprise draw at home with Hertha handed the early initiative to Dortmund, who won their first game 5-1 over Augsburg.

They heaped more pressure on Bayern too, winning 3-1 over Koln on Friday night to open up a five-point gap over their rivals in the fledgling season.

The failure to win the opening game may have spurred Bayern on to capture Coutinho.

There was a need for attacking reinforcements after Franck Ribery and Arjen Robben left the club at the end of the 2018-19 season. Their first target was reported to be Manchester City’s Leroy Sane, but no deal could be done before Sane suffered a serious knee injury.

Instead they opted to rescue Coutinho from Barcelona, where he has struggled to fit in after a £142 million transfer from Liverpool.